La parola con la f…

Posted on 14 aprile 2017

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Un 25 aprile è alle porte ed è un 25 aprile particolare quello di quest’anno.

Lo è per una doppia serie di motivi che scorrono in parallelo. I primi sono motivi di ordine istituzionale mentre i secondi sono più sotterranei per così dire, come una coltre che tinteggia la Penisola che sgorga dalla cronaca annunciando un sintomo che si è già fatto malattia.

Ma andiamo con ordine. Ad un livello istituzionale, prima di tutto, vi è la definitiva approvazione da parte di Camera e Senato del decreto Minniti-Orlando un disgustoso mix di repressione, odio di classe (ricorda da vicino le poor laws inglesi di epoca vittoriana), disciplinamento sociale e razzismo istituzionale, un provvedimento in tutto e per tutto fascista e che non tarderà a far sentire i suoi nefasti effetti.

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Come scrive Luigi Manconi (che è un membro del Pd) su Il Manifesto: Si tratta di una normativa che ha sollevato molte e robuste perplessità perché presenta forzature e strappi rispetto al nostro ordinamento giuridico, tali da configurare vere e proprie lesioni nel sistema di garanzie e diritti. Si arriva al punto di prevedere per gli stranieri una giustizia minore e diseguale, se non una sorta di «diritto etnico» – e uso questa formula con autentico disagio -, che stabilisce significative deroghe alle garanzie processuali comuni. E infatti l’abolizione dell’appello, tutt’ora previsto anche per le liti condominiali e per le sanzioni amministrative, indebolisce gravemente il diritto alla difesa: per quanto riguarda il soggetto più vulnerabile tra tutti (il profugo) e per quanto riguarda un diritto inviolabile della persona, tutelato dalla nostra Costituzione, come il diritto d’asilo. vauro Un’altra pesante limitazione al sistema delle garanzie, viene determinata dalle nuove norme sulla sicurezza urbana. L’introduzione della flagranza differita produce un perverso ossimoro: l’immediatezza, propria della flagranza, viene dilatata e prorogata fino a 48 ore, precariamente supportata da immagini videoregistrate, che sostituirebbero l’attualità delle procedure di arresto all’atto del compimento del reato. Inoltre, si estendono ulteriormente le misure di prevenzione (limitative della libertà personale, benché basate non sulla commissione di reati ma su meri sospetti sulla persona) e si introduce la nuova misura dell’allontanamento da (e del divieto di accesso a) determinati luoghi per esigenze di tutela del decoro urbano. Anche questa forma di “daspo”, applicabile persino ai minori, è una misura che solo formalmente può dirsi amministrativa, dal momento che la sua sostanza incide fortemente sulla libertà, non solo di movimento.

Lo si afferma senza remore, questo decreto è uno spartiacque profondo. Nonostante fosse già stato anticipato sul campo tanto nelle piazze di Napoli (Salvini), Roma e infine a Lucca quanto nella quotidianità con rastrellamenti di migranti sempre più frequenti (si ricorderà la caccia al nigeriano di inizio febbraio e la la circolare del Viminale che la ordinava!) che sanno tanto di fine anni ’30, a questo decreto vi è un prima e vi è un dopo.

band“C’è un nuovo verbo: non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti. Dove questo verbo attecchisce, alla fine c’è il Lager.”
Primo Levi

Non vi sono scusanti o giustificazioni. In quanto a gravità questo decreto è paragonabile giusto all’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione a livello economico solo che qua in ballo ci sono diritti e libertà fondamentali nonché gli arnesi per la manomissione definitiva dello Stato di diritto e per l’instaurazione di uno Stato di Polizia. Big-BroIl “Come quando c’era lui” non è già più una locuzione ma una pratica, come a Bari dove è scattato il confino per alcuni attivisti in vista del G7. La logica è quella del nemico interno dove, da un lato, vi è il potenziamento dei dispositivi per l’intimidire ogni pratica di dissenso mentre dall’altro piovono regalie per militari e forze dell’ordine. Non è un caso che dalla legge di conversione del decreto Minniti sia stato espunto l’emendamento che avrebbe potuto introdurre il numero identificativo di reparto per le F.O. impegnate nell’ordine pubblico, né appare casuale la galvanizzazione di cui gli stessi agenti sembrano protagonisti da quando il ministro Minniti ha preso funzioni. (Qua)

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Un po’ soldato, un po’ Ministro dell’Armonia (1984) per il Carlino.

“In regime di stampa imbavagliata il vero articolista è il lettore: egli deve leggere tra le righe.“
Piero Gobetti

No, non vi sono scusanti per l’approvazione di questo decreto. Come detto vi è un prima e vi è un dopo. Ecco dunque parlamentari e senatori modenesi che hanno votato a favore del decreto Minniti-Orlando: Baruffi Davide, Garavini Laura, Ghizzoni Manuela, Pini Giuditta per la Camera (votazioni qua) Maria Cecilia Guerra e Stefano Vaccari per il Senato (votazioni qua).

17757421_1797556330571063_8182261234397126735_nFortunatamente in Italia esistono persone infinitamente migliori di questa gentaglia già entrata di diritto nella pattumiera della Storia! Foucault sosteneva che libertà e resistenza fossero due fattori antecedenti all’esercizio del potere perché il potere è esercitato solo su soggetti liberi e solo nella misura in cui sono liberi  e che nel cuore della relazione di potere, a provocarla costantemente c’è la resistenza della volontà e l’intransigenza della libertà. Così cominciano dunque le diserzioni ad un provvedimento fascista che mira a ridisegnare il tessuto sociale delle città in perimetri penali, gabbie di senso, telecamere a tutto spiano e divise ad ogni angolo.

“Nel 2009 il sociologo francese Loïc Wacquant pubblicava un libro dal titolo “Simbiosi mortale. Neoliberalismo e politica penale” dove evidenzia il sistematico nesso tra la distruzione dello “stato sociale” e il rafforzamento dello “stato penale”. Studiando le trasformazioni del sistema carcerario statunitense, soffermando lo sguardo anche su quelle degli stati europei in ottica comparativa, Wacquant osserva come lo smantellamento progressivo del “welfare state” venga accompagnato, nonostante la retorica anti-statista e anti-welfare del neoliberismo, da un intervento sempre più massiccio dello stato nella gestione della sicurezza pubblica. pdsbirri In poche parole, lo stato neoliberista si sottrae dall’ottemperare ai suoi compiti nei confronti della “res publica” per liberare da lacci e lacciuoli l’indole più selvaggia del mercato, affinché sia possibile l’espandersi dei dispositivi penali per gestire le conseguenze sociali generate dalla disfunzionalità del mercato. A partire da questa situazione, emerge una nuova moralità pubblica, riflessa nelle logiche della punizione e dell’incarcerazione, che vede i gruppi meno abbienti come soggetti falliti nei loro progetti personali, individui parassitari e pericolosi per la coesione pubblica. Dentro questo tracciato, lo stato neoliberista esonera sé stesso dalle responsabilità di non aver saputo contenere la galoppante ineguaglianza socio-economica, poiché è la punizione dei poveri che diventa autentica “politica sociale”.” (Qua)

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Che al decreto Minniti-Orlando vi sia un prima e vi sia un dopo lo suggerisce banalmente anche lo stesso 25 aprile. Finora il partito di governo, il Partito della Nazione, il Pd aveva sempre celebrato, in qualche maniera, la festa della Liberazione se non altro come una sorta di continuità simbolica col suo recente passato. Da quest’anno questa prassi sembrano essersela lasciata definitivamente alle spalle. pdmilanoA Milano andrà in scena questa roba qua tutta blue e “nazionalismo” pro Ue mentre Casapound, nella stessa città, prepara una parata nazifascista proprio in quella giornata. A Modena  invece per la prima volta Pd e soci non saranno in piazza per permettere a “autorità e cittadini” di andare ad omaggiare Mattarella a Carpi. Nel caso si potrà sempre presenziare davanti all’Accademia Militare per l’alzabandiera proprio in uno dei luoghi nei quali i partigiani venivano perseguitati sigh. Vi è un prima e vi è un dopo, il dopo in questo caso certifica come il Pd sia ormai un partito definitivamente post antifascista. Per non dire altro.

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Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col timore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti. 

Primo Levi


Tuttavia, come si accennava all’inizio, in questa “vigilia” di 25 aprile non vi sono solamente le “torsioni” istituzionali a offuscare un clima non certo dei più rosei. Ciò che forse rappresenta più di tutto il pericolo di questa fase è l’assuefazione quasi istantanea che porta ogni azione quotidiana da parte di fascisti evidenti ad essere digerita e archiviata come “normalità”. Forse non vi è nemmeno più l’abitudine al ragionamento politico o al porsi delle domande, forse il grado di alfabetizzazione politica ha toccato nuovi picchi di ribasso, forse non c’è nemmeno più la capacità di comprenderli certi fenomeni almeno nella misura in cui vi è una sicura volontà di ignorarli. “E alcune cose che non avrebbero dovuto essere dimenticate andarono perdute. La Storia divenne leggenda, la leggenda divenne mito….”

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Il fascismo della porta accanto.

fffE’ il 5 luglio 2016 e Amedeo Mancini uccide a Fermo Emmanuel Chidi Nnamdi con un pugno, dopo averlo provocato chiamando sua moglie “scimmia”. La stampa parla all’unanimità di “un ultrà”. La parola fascista non verrà mai scritta nonostante l’assassino indossasse addirittura una maglietta di Casapound mentre uccideva Emmanuel. Sull’omicidio di Fermo cala il sipario e il silenzio con l’assassino che patteggia 4 anni per un omicidio che, a parti invertite, avrebbe certamente prodotto canee giustizialiste inimmaginabili. Già a marzo la storia si ripete a Rimini  “Negro di m…, torna a casa tua” poi l’accoltellamento.

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A fine marzo ad Alatri un ventenne, Emanuele Morganti, viene massacrato di botte per aver difeso la sua ragazza. I giornali (tutti) parlano genericamente di albanesi. Appena si cominciano a definire i contorni della vicenda però i titoloni spariscono, è più facile commentare la storia del “branco di albanesi” che indagare l’humus dal quale questo omicidio è scaturito. Qua un’inchiesta su twitter estremamente interessante dei Wu Ming.

“Senza contare l’appartenenza politica degli assassini di Emanuele: l’immagine della mazza a corredo dell’articolo non lascia molti dubbi. Ma nessuno da nessuna parte dell’universo massmediatico ha voluto notare la relazione diretta e necessaria tra il razzismo dei picchiatori e la loro ideologia fascista. Sarebbe stato, davvero, chiedere troppo.” (Qua)

boiPer riassumere: uno degli indagati nell’omicidio di Emanuele è un ex-candidato di Fiamma Tricolore, un’altro aveva un manganello come quello accanto e un terzo si è preso l’avvocato di Carminati. Però questi sono tutti elementi che non escono facilmente nelle narrazioni mainstream e se lo fanno, lo fanno in una maniera immensamente più sottotono rispetto ai discorsi (falsi) sulla nazionalità spacciati subito in prima pagina.

C’è un rimosso, un non detto nel discorso pubblico contemporaneo: #laparolaconlaF

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Per usare una metafora potrebbe essere considerata l’altra faccia di Minniti, quella oscura, perché se è vero come ha avuto modo di affermare il Ministro, che “la sicurezza non è statistica ma percezione” e che nonostante diminuiscano i reati aumentino gli allarmi (leggere qua) è anche vero che alle violenze fasciste che stanno aumentando in modo considerevole in questi mesi non sta corrispondendo altrettanta attenzione.

Ed il rimosso parte prima di tutto da un lessico assente. La parola fascismo, se ci fate caso, è difficilmente pubblicata sui giornali anche quando matrice evidente mentre certi fatti, anche quando appurati, molto spesso non escono dai confini della cronaca locale e men che meno generano dibattito nella società.tusc

“Come definire, del resto, l’aggressione di una donna da parte di una guardia giurata, armata di manganello con sopra scritto “Mussolini DUX”? O questo pestaggio feroce? O la commemorazione dei repubblichini a Somma Lombardo? O il blitz in un centro sociale e l’aggressione di un ragazzo sui Navigli, a Milano? (E questo solo per restare agli ultimi giorni: di cose simili ne accadono molte; ma sulla stampa trovano ben poco spazio).” (Qua)

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Ma si potrebbe andare avanti ancora a lungo senza distaccarci troppo dalle ultime settimane. Tipo i bambini vestiti da balilla ad Area Atellana in uno spettacolo organizzato da una scuola, o molto più preoccupanti, tanto per restare in Campania, questi atti intimidatori. Un po’ più a Nord, a Varese, si festeggia tranquillamente il compleanno di Hitler. A Modena, infine, nella nostra città, compaiono volantini anti-stranieri davanti ad una chiesa ortodossa. Azione Identitaria li firma, a sostegno della tesi che l’apertura della sede di Terra dei Padri non sarà una semplice parentesi momentanea per la politica cittadina.

Tra rumori di guerra lontani, con istituzioni che hanno abbandonato anche il ricordo solo formale dell’antifascismo e le destre estreme che tornano ad alzare la testa prepotentemente abbiamo tutti gli elementi per affermare che il 25 aprile quest’anno si caricherà di un’importanza particolare.

C’è poco da aggiungere: Piazzale Sant’Agostino ore 10.00

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