Per comprendere la situazione in Catalogna.

Posted on 3 ottobre 2017

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In certi momenti, in determinati luoghi, il tempo smette di scorrere in maniera univoca, una giornata può valere mesi, una settimana un decennio, alle volte anche di più. Ciò che sta accadendo in Catalogna, volenti o nolenti, ci riguarda direttamente.

Proponiamo qua un testo (questo) tradotto dal portale “di movimento” francese Lundimatin. È già “datato” essendo uno scritto del 1 ottobre ma descrive bene, a nostro avviso, “ce qui se passe” in Catalogna. Lo inframmezziamo di immagini e tweets raccolti negli ultimi giorni e nelle ultime ore.

 

A fronte della situazione eccezionale nella quale si trova la Catalogna, ci è sembrato necessario, con l’aiuto di qualche compagno, riordinare e raccontare i fatti. Il nostro scopo è quello di far luce su alcune domande che i nostri amici ci hanno posto in questi ultimi giorni, di spiegare la situazione nella quale ci troviamo così come le incertezze poste in fronte a noi.

Cominciamo con una breve cronologia del processo (useremo questo termine per parlare del percorso d’indipendenza della Catalogna) di questi ultimi anni.

 

2010
A seguito del secondo attacco allo statuto autonomo della Catalogna da parte del Tribunale Costituzionale Spagnolo, il processo ha inizio, sotto la spinta del governo di Convergència i Unió, partito storico della destra catalana. E’ bene ricordare come il momento fosse caratterizzato da grossi tagli al bilancio che portarono a mobilitazioni massicce da parte della popolazione.

2012
La CUP (Candidatura d’Unità Popolare) integra il parlamento catalano, si definisce come un partito assembleista, anti-capitalista, socialista e femminista.

2014
Una domanda di referendum viene fatta al governo spagnolo. Quest’ultimo rifiuta ma una consultazione viene comunque effettuata a seguito della quale saranno condannati successivamente i membri del governo catalano.

2015
Il governo catalano convoca le elezioni anticipate annunciando che i risultati saranno considerati come plebiscitari per l’indipendenza della Catalogna. I partiti indipendentisti si raggruppano attorno alla coalizione Junts pel Sí. Solo la CUP decide di presentarsi separatamente ma accettando l’idea di elezioni plebiscitarie. Il numero totale dei voti espressi in favore delle due candidature rende la forza indipendentista maggioritaria in parlamento. L’assenza di una maggioranza assoluta non permette di dichiarare l’indipendenza unilateralmente, la scommessa è quella di aumentare la base sociale favorevole ad un proprio Stato ed infine di promuovere un referendum. I 10 deputati ottenuti dalla CUP la pongono in una posizione determinante nel processo, in particolare permettendole di impedire di mantenere Artur Mas, conosciuto per i suoi tagli al bilancio e la sua politica d’austerità, alla presidenza della Catalogna. E’ l’inizio del percorso verso l’indipendenza.

Junts pel Si ha cercato di mantenere la promessa di referendum sull’indipendenza fino all’ultimo momento. Gli alleati di circostanza leninista di esquerra independentista, di cui fa parte la CUP, per loro parte hanno fatto di tutto affinché il referendum non assomigliasse al “petardo bagnato” del voto del 2014 nel quale il governo di Convergència i Unió si limitò ad un semplice calcolo aritmetico di un cittadinismo attivo.

Dopo le elezioni del 2015, l’Union Patriotique si pone alla testa dell’indipendenza mentre i socialisti ispirati a Fanon giocano un ruolo di garanzia radicale del movimento impedendo ai primi di tradire le aspettative riposte in questo progetto. Il progetto indipendentista può dunque partire col suo progetto reale: la costruzione delle strutture per un nuovo Stato-nazione.

Dopo due anni di litanie e di prove degne di una cattiva serie televisiva, il governo indipendentista catalano imbocca la strada del tutto per tutto con l’attuazione concreta dell’autonomia. Ciò che accade in Catalogna appare come un arresto del riconoscimento dei fondamenti costituzionali dello Stato post-franchista. Tuttavia ciò che rassomiglia ad una secessione di massa non è che, in verità, uno sbriciolamento, una frammentazione di un’entità solida all’apparenza, lo Stato spagnolo, ma che vergognsamente si percepisce instabile.

La “cultura catalana” come incarnazione nostalgica della comunità in un mondo di sconosciuti è una merce piuttosto attraente in un Paese che si è arricchito principalmente attraverso il commercio. Un talento che ha creato ricchezza e che costituisce l’assioma principale della superiorità morale del catalanismo neoliberale: abolizione delle frontiere per il mercato, progressismo multiculturale, hipsterismo globale. Talento ugualmente rappresentato nella figura pietrificata del lavoratore-proletario per la sinistra della CUP: fiero militante, sacrificato per la produzione e uomo di ferro obbediente. Gran parte della strategia del fronte indipendentista si basa sulla costruzione di legittimità fino al proprio riconoscimento istituzionale da parte di almeno qualcuna delle entità egemoniche della politica internazionale.

Settembre 2017.
Un mese prima del 1 ottobre, il parlamento della Catalogna approva una legge sul referendum, nella quale si specifica che, in caso di vittoria del sì, alla effettiva messa in opera dell’indipendenza, così come con la Ley di Transitoriedad, specifica le condizioni di questa indipendenza e le modifiche legali che essa comporterà. Leggi immediatamente sospese dal Tribunale Costituzionale Spagnolo (erede del Tribunale d’ordine pubblico franchista, che ha l’autorità di annullare qualsiasi decisione con la formula dell’eccezione).

Il governo catalano per parte sua non riconosce la sospensione dichiarando che l’organizzazione del referendum proseguirà. A questo punto la macchina repressiva dello Stato spagnolo si risveglia andando ad attaccare tutti gli organismi operazionali del processo.

  • Perquisizioni delle stamperie sospettate di stampare materiale per il referendum e dei partiti indipendentisti.
  • Divieto di qualsiasi supporto pubblico al referendum. Arresto per chiunque creasse copie della pagina web ufficiale, censurata.
  • Sequestro dei conti bancari del governo catalano.
  • Tentativo della presa di controllo dei Mossos d’Esquadra, la polizia autonoma catalana.
  • Requisizione di tutto il materiale destinato al referendum.
  • Convocazione di tutti i sindaci firmatari il manifesto a sostegno del referendum (rappresentante il 75% dei sindaci catalani).
  • Arresto e accusa agli alti funzionari del Ministero dell’Economia catalana e delle personalità dei collettivi cittadini promotori del referendum.

Dal Partido Popular (partito di destra erede del fascismo al potere) non ci si poteva aspettare nulla di meno.Vicino ai principali attori del settore immobiliare e agli investitori determinanti nel mercato europeo ai quali la stabilità legislativa garantisce una certa crescita costante, come destra conservatrice sono sempre stati pronti per allo scontro.

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Corna, fascio e spada, questo è tutt’ora il simbolo della Guardia Civil spagnola.

In assenza di una reale fedeltà da parte dei Mossos, il governo centrale ha dislocato in Catalogna la maggior parte delle forze anti-sommossa della Guardia Civil, estranee ai catalani e figure ostili associate culturalmente al franchismo. Un clima d’eccezionalità palpabile, la Catalogna attende la repressione in un clima di calma ma di forte pressione. Da due settimane i cittadini hanno risposto alle manovre repressive sfidando la polizia con slogan indipendentisti o canti gioiosi o ancora impedendo l’avanzata alla Guardia Civil mettendo letteralmente in gioco il proprio corpo quando era necessario. In certi casi queste azioni hanno visto una ritirata delle forze dell’ordine.

Se gli operatori telefonici impedivano l’accesso a determinati siti web a seguito dell’ordine della magistratura, la copia e la moltiplicazione dei contenuti sono diventati il mezzo per ripristinare le comunicazioni sabotate.

Mentre da una parte si tenta di schiacciare la struttura organizzativa del referendum bloccando i suoi esecutori tecnici e attaccando i nodi logistici, dall’altra si scommetteva sul blocco pacifico di tale strategia moltiplicando più volte del necessario il materiale del voto. Resta da vedere ciò che succederà quando la resistenza passiva non sarà più sufficiente, se si metteranno da parte le discussioni sclerotizzate sui metodi legittimi di autodifesa.

Una tale escalation della repressione ha provocato in larga misura un posizionamento a favore della consultazione anche fra coloro che non si erano pronunciati precedentemente o sentiti chiamati in causa direttamente.

Cacerolados attacchinaggi di massa in tutta la Catalogna ai quali collettivi autonomi e anarchici hanno preso parte attiva. Il 20 settembre, Barcellona si è svegliata con la polizia spagnola che perquisiva le otto sedi del governo catalano. Lo stesso giorno c’è stato anche il tentativo di perquisire la sede della CUP. Migliaia di persone si sono trovate spontaneamente per la strada ad insultare la polizia. Per lunghe ore si sono vissute sequenze di situazioni insolite, si potevano vedere anarchici difendere il Ministero dell’Economia della regione catalana o liberali difendere la sede della Candidatura anti-capitalista. La consegna in ogni momento è stata il pacifismo assoluto, marchio di fabbrica di tutto il processo.

Durante l’azione, finestre e ruote dei furgoni della Guardia Civil sono state distrutte, fatti per i quali alcune persone sono state accusate di sedizione. Alcuni si sono seduti per terra a fronte delle cariche della polizia catalana (Mossos d’Esquadra) e catene umane di cittadini effettuate da alcune delle organizzazioni a sostegno dell’indipendenza. Quel giorno abbiamo potuto toccare con mano una situazione di “débordement”, quando le istituzioni cittadine hanno annullato un assembramento che non avevano nemmeno convocato e le persone alle quali era stato consigliato di tornare a casa hanno al contrario cominciato a proporre con entusiasmo l’occupazione della piazza. Nei giorni successivi, i “governatori” del processo come la ANC (Assemblea nazionale catalana, organizzazione mobilitatrice con forti legami col territorio e con la cittadinanza nonché portavoce del processo), si sono spesi a ripetere ancora e ancora di essere in presenza di una lotta indiscutibilmente pacifica.

Si assiste di fatto al raggiungimento di un limite all’interno dello “Spettacolo“, perché le promesse che si trascinano si fanno irreversibili. Siamo testimoni di uno shock tra due poteri costituenti. Possiamo osservare come le persone che sono stufe, le forme di vita destituenti, quelle che attraversarono tanto il movimento 15M (movimento di piazza) così come lo sciopero nei vari settori lavorativi, passando per le catene umane dell’ANC, sono pronte oramai a dare tutto. Vediamo ciò quando si passa dal gesto-morto del divano di casa a mettere il proprio corpo in gioco per gli altri.Vedremo se il desiderio di intensità di ciò che si è sperimentato sarà più forte della cattiva aria di tristezza per ciò che andrà perduto. Si dice che i catalani siano solitamente moderati, prudenti, asettici ma allo stesso tempo vendicativi e capaci di perdere la testa quando la situazione lo richiede. E’ ciò che chiamiamo “el seny i la rauxa“.

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Sant Iscle de Vallalta 

Tra gli anziani che hanno vissuto le vestigia del franchismo e gli orfani di classe che l’hanno appreso a scuola, lo scalpellio della breccia generazionale si interrompe, esattamente come nel 2011 con il movimento 15M (movimento di piazza). È un sottoprodotto di un sentimentalismo nazionalista quello che sta compiendo ciò che il movimento operaio del ’77 non riuscì a fare. Vedremo ora se saremo in grado di organizzarci in una forza collettiva che, nella sua molteplicità di attori e nella sua eterogeneità di pratiche, siano esse più o meno intense, più o meno offensive, sarà in grado di raggiungere un gesto di rottura definitiva. I prossimi giorni di questa settimana saranno determinanti.

Difficile prevedere che cosa accadrà in considerazione dell’eccezionalità della situazione. Da un lato vi è un governo di destra che sfida ed è pronto a disobbedire ad uno Stato fascista. Dall’altro c’è una sinistra indipendentista, con la quale abbiamo condiviso molto nelle strade, che da anni persegue questo momento e che è pronta a difenderlo con metodi vicini ai nostri

Infine ci sono molte persone in strada e la situazione potrebbe “debordare” in qualunque momento. Non tutti erano d’accordo sul metodo della catena umana del 20 settembre mentre i sindacati portuali annunciavano che non avrebbero consentito alcun servizio alle navi ospitanti i 6.000 poliziotti che lo Stato spagnolo ha inviato a Barcellona.

I sindacati più radicali hanno lanciato uno sciopero per il 3 ottobre. Il resto dello Stato spagnolo è quasi privo di polizia anti-sommossa. Sabato pomeriggio, una manifestazione è stata lanciata al congresso dei deputati di Madrid proprio come durante il movimento di 15 M. Ci sarà sicuramente un effetto di moltiplicazione esponenziale con chiamate in solidarietà seguite da azioni in tutte le città, come durante le rivolte di Gamonal o di Can Vies. In generale, la comune sensibilità a utilizzare questa situazione per far crollare tutto è ampiamente condivisa, così come l’efficace rapidità della reazione generale spontanea. Il clima della metropoli catalana è elettrico.

Gli studenti si sono mobilitati in maniera massiccia, occupando un luogo simbolico: il rettorato di Barcellona. Questo potrebbe rivelarsi un posto fondamentale nei giorni a seguire, un luogo da cui diffondere la sensazione che in realtà siamo più vivi che mai.

Centinaia di comitati per la difesa del referendum sono sorgono dai quartieri e dai paesi. Dalle assemblee dove confluiscono le singolarità più assortite fuoriescono obiettivi comuni. Attacchinaggi di massa si ripetono ogni notte in un gesto di resistenza. Sembra che la battaglia possa essere combattuta tra “el seny” del governo catalano con le sue entità cittadiniste e le sue catene umane e la “la rauxa” di coloro che si incontrano sulle strade pronti a tutto.

scioperoTra coloro i quali sono in cerca uno Stato proprio e che ne organizzano la logistica di conseguenza e coloro che non sono mai stati indipendentisti ma che sono là, forti, pronti a combattere il fascismo e a lanciare lo sciopero generale, ecco che si parla di come mantenere Comitati a Difesa del referendum dopo il referendum, di trasformarli in Comitati per lo Sciopero e perché non farli diventare Comitati per la Vita dopo lo sciopero?

Il governo catalano persiste, il primo di ottobre ci sarà un voto, la gente è determinata, anche ad andare contro la legalità, a non sottomettervisi per arrivare al referendum.

D’altra parte, il vecchio spagnolismo si è mostrato nella sua forma più classica e morbosa: manifestazioni odiose da parte di fascisti che colpiscono famiglie al loro passaggio o gli addii alla Guardia Civil in partenza per la Catalogna al grido di “por ellos” e “esecuzione per i separatisti”. Occorrerà senza dubbio essere preparati per difenderci dagli attacchi fascisti che avranno sicuramente luogo. Sarà forse il momento nel quale, coloro che saranno là, non vorranno più mettersi a terra e alzare le mani in segno di pace.

Per ultimo, noialtri, tra compagni, ci siamo interrogati sul fatto di non aver pensato ad una strategia in rapporto a questa situazione. Per ideologia, per incapacità o per semplice rigetto ci siamo trovati spinti a prendere delle decisioni rapidamente, decisioni che sicuramente non saranno le migliori. Noi abbiamo sempre visto in questo contesto un luogo attraversabile, mai uno scenario in cui tracciare un gesto possibile. Per alcuni, ciò che ci abita è il fatto di non sapere come utilizzare questa situazione per allargare la ferita dell’epoca in cui viviamo, della breccia che si apre, come martellare la colonna vertebrale del Tutto. Ci proiettiamo in un’azione che è quella d’immaginare un Incredibile che sappia, allo stesso tempo, attirare un mucchio di “mondi-individuali” verso una secessione senza ritorno da e dalla vita stessa.