Maccartismi funerari.

Posted on 24 gennaio 2013

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«È solo per merito dei disperati che ci è data una speranza»

Walter Benjamin

E’ bastato un funerale ad aizzare tutta l’interessata indignazione che tanto contraddistingue la stampa italiana, sotto la sua pelosissima attenzione infatti sono finite le esequie di Prospero Gallinari, brigatista che partecipò al sequestro Moro, ed un semplice funerale si è trasformato in una vera e propria orgia di cannibalismo maccartista.

Ma andiamo con ordine perché il bombardamento andato in scena a reti unificate in questi giorni (a Reggio prosegue ancora la polemica) non è del tutto facile da sbrigliare e le mine posizionate sul terreno sono tante, scivolosissime. Troppe trappole disseminano la vicenda: ciò che chiamiamo ideologia “in senso largo”, una storia che ancora non si è deciso di guardare in faccia, polemiche pre-elettorali e lotte quotidiane, tutte unite da un unico comune denominatore, la somministrazione di altre dosi di allarmismo, il tutto per distogliere lo sguardo dal nuovo record, quello che vede l’asticella della repressione alzarsi di qualche ulteriore tacca nel panorama politico italiano. Occorrerebbe dunque  circoscrivere almeno il “campo” sul quale si svolge la partita, eliminando il resto, ciò che svia, che inquina, che depista. La realtà che fuoriesce dal racconto mediatico non è la realtà ma un racconto. Se questo funerale avesse comportato così tanti “rischi”, così come hanno tentato di farlo passare i nostri gonzi giornalisti, avrebbero potuto silenziarlo nella stessa maniera con la quale, quotidianamente, nascondono tutte le lotte che tinteggiano il paese. Se non l’hanno fatto non è che per pura scelta. Dove conducono certe attenzioni, certi giornalismi dai toni paternalistici (vedasi Ezio Mauro direttore de la Repubblica), a chi servono, a cosa servono?

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Foto da Contropiano.org

La risposta è semplice servono a un periodo, a quella pagina della nostra Storia che non si intende ancora girare, che non si vuole ancora girare. E, badare bene, non è certo per Gallinari, portato a spalla dai suoi compagni il giorno del suo funerale o per l’Internazionale cantata sotto la neve, men che meno per quel migliaio di persone che ha deciso di parteciparvi e che doveva parteciparvi come vuole una semplice usanza umana alla morte di una persona cara. No, non è certo per loro. Facce segnate dal tempo e da delusioni cocenti? Se si vuole, sì. Ma dove non si trovano in giro per le città? come testimonia Mario Gamba in un bellissimo pezzo sul Manifesto e che si trovavano lì a “ricordare la generazione degli anni ’50 e ’60, la più pura, la più infelice, la più cara.” come la definisce Sante Notarnicola. No, non è certe per loro. Dove risiede lo scandalo? In un nome da non nominare, in una vicenda da seppellire accanto ai suoi protagonisti, persone che portano su se stesse il peso di una storia e che lo fanno nell’ombra di una vecchiaia provata dalle lunghe detenzioni? Urta così tanto che un manipolo di ex guerriglieri innominabili dai capelli bianchi  e doverosamente invisibili in tutti gli altri giorni, trasgredisca al dettato dell’etichetta per ritrovarsi alla luce del sole accanto al feretro del morto, loro compagno?

E dove si innesca la polemica, su Claudio Grassi candidato di Rivoluzione Civile reo di avere partecipato ad un funerale da esecrare e che risponde con queste parole, in una lettera intitolata Restiamo umani, alle polemiche piovutegli addosso: “Non credevo che partecipare ad un funerale di una persona che conoscevo potesse creare un caso politico” o ancora, sul mazzo di fiori che l’ANPPA (associazione nazionale partigiani perseguitati antifascisti) di Reggio Emilia ha inviato in ricordo del defunto? Defunto che probabilmente si conosceva. Cos’è una stranezza inviare fiori ad un funerale o una semplice consuetudine umana?

Se la si leggesse solamente da questo punto di vista, tutta questa funerea e pettegolissima attenzione dei media si tradurrebbe solamente nella pretesa di cancellare la memoria del defunto ex brigatista. Una damnatio memoriae di romanissima vestigia che altro non racconta se non un potere arrivato addirittura a decretare le morti che non si possono più piangere, rivelando su se stesso più di quanto esso stesso pretenda di nascondere. Il tutto a dispetto delle “norme non scritte degli dei”, quelle che permisero ad Antigone di disobbedire a Creonte per non lasciare il fratello, nemico della patria, alla mercé di vermi e animali e che lo condussero alla morte per avere anteposto la legge “naturale” a quella “politica”.

No, l’imperativo giornalistico è anche un’altro e interseca le lotte quotidiane, con la battaglia NoTav in cima alla lista. Come a dire “guai a chi si ribella e non si conforma” come evidenziano certi articoli di stampa locale che accusano chiaramente l’attivista reggiano Davide Mattioli (reo di avere letto un brano del libro del defunto, “Un contadino nella metropoli” sulla bara dello stesso) di avere raccolto il testimone delle Br. Maccartismo puro e semplice.

Forse certe attenzioni combaciano perfettamente con la cronaca di quel giorno  quella che vedeva un processo a 45 NoTav trasferirsi nell’aula bunker del carcere delle Vallette di Torino, un’alula chiusa da vent’anni e sinonimo di pericolosità sociale, tanto da essere associata a reati di mafia o di terrorismo e non certo a reati minori (resistenza a pubblico ufficiale) quali quelli contestati ai NoTav.

Chi gioca dunque sulla memoria della “strategia della tensione”, chi partecipa ad un funerale o chi vi grida sopra allarmi spropositati?

Se Giusva Fioravanti rilascia interviste nei bar di Bologna, ovviamente da vivo, non vedo lo scandalo di Prospero Gallinari che viene portato a spalla, da morto, dai suoi compagni. […] Se si volesse davvero andare in fondo alle cose per capire, per scrivere una pagina della nostra Storia così da poterla finalmente girare, la prima condizione dovrebbe essere quella di poterne parlare. Se volessimo arrivare davvero a una verità, dopo 35/40 anni, bisognerebbe rinunciare a questi atteggiamenti e dovremmo arrivare a una vera amnistia per le persone allora coinvolte, unitamente all’abbandono di ogni sentimento di vendetta. E’ stato fatto a caldo, nel primo dopoguerra, per i fascisti e i collaborazionisti, chissà perché non si può fare, a bocce ormai ferme, per gli ex brigatisti. Come scritto giustamente qui e sarebbe bene anche ricordare come il terrorismo, di allora, che mise le bombe nelle banche, sui treni e nelle piazze sia rimato del tutto impunito. “Ai suoi responsabili è stata garantita l’impunità mentre tutti quelli che io comprendo nella categoria della lotta armata sono stati identificati, processati e condannati.”  ricorda Erri De Luca in un vecchio articolo sul Corriere nel quale mette in guardia circa l’associazione la lotta armata – terrorismo dato il clima che si respirava in quegli anni, da guerra civile.

Assassino dunque Gallinari? Certo, ma nessuno al suo funerale si è nemmeno sognato di elevarlo ad eroe. Ciò che è andato in scena sotto la neve di quel giorno altro non è stato che una memoria. Un funerale, solo quello. Se proprio si vogliono cercare gli “eroi” allora basta alzare lo sguardo ed accorgersi dei manifesti che addobbano le nostre città, quelli con le facce dei marò in bella mostra, anche loro assassini o presunti tali, almeno fino al processo.

Certi uomini sono quello che i tempi richiedono. Si battono, a volte muoiono, per cose che prima di tutto riguardano loro stessi. Compiono scelte che il senno degli altri e il senno di poi stringono nella morsa tra diffamazione ed epica di stato. Scelte estreme, fatte a volte senza un chiaro perché, per il senso dell’ingiustizia provata sulla pelle, per elementare e sacrosanta volontà di riscatto.
La retorica degli alzabandiera e la mitologia istituzionale offrono una versione postuma e lineare della storia. Ma la linearità e l’agiografia non servono a capire le cose. Le frasi fatte e le formule ripetute dai palchi, come dai pulpiti, coprono la rabbia, lo sporco e la dinamite, consegnando al presente quello che chiede.
Scavare nel cuore oscuro di vicende dimenticate o mai raccontate è un oltraggio al presente.
Un atto spregiudicato e volontario.
Le storie non sono che asce di guerra da disseppellire.

Wu Ming in Asce di guerra

Per evitare che le menzogne si sostanzino e si facciano Storia