Monarchia Italiana e il Voivodato di Modena.

Posted on 21 aprile 2013

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Peggio del Pasok e non era affatto facile. Quello che può sembrare un eufemismo o un paragone zoppicante di fatto non lo è. In mezzo agli insulti le analisi “a caldo” chiacchierano di suicidio strappando il termine a una tragedia reale che affligge il Paese, qua siamo alla farsa e non è proprio la stessa cosa. Non si è compiuto alcun suicidio e la dignità di un simile gesto andrebbe lasciata ad altri lidi. Al massimo si può parlare di piccoli uomini e piccole donne qualsiasi arresisi alla devozione verso quel “nientismo” che il loro partito ha abbracciato a suo vessillo e che hanno preferito quest’ultimo alla possibilità di cambiamento. “Arrendetevi siete circondati” lo gridava già qualche settima fa un Grillo Qualunque e gli hanno dato retta.

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Dopo ieri l’Italia non è più una democrazia parlamentare e l’affaticata Repubblica Italiana ha issato bandiera bianca. Il voto per il Presidente ha assunto tutti contorni di una resa, di una esplicita abdicazione del parlamento verso quell’ex-sovrano convintosi in extremis a governare nuovamente uno Stato d’eccezione in via di cronicizzazione. Con la crisi che morde alle caviglie, anche se sarebbe più opportuno cominciare a definirla truffa, è difficile che il confronto politico possa essere nuovamente arginato all’interno delle sponde sicure della dialettica elettorale.

Prologo

Prologo

La nomina di Napolitano, in questo senso, non è che una (non si sa quanto breve) nuova uscita al supermercato per acquistare tempo e rinviare l’esplosione mentre il solco che separa le istituzioni dalla società si allarga a dimensione torrentizia. Le contraddizioni sgorgheranno e difficilmente saranno ricomponibili. L’implosione imminente di quella catastrofe di partito che prende il nome di Pd sommata alla fase nella quale siamo immersi difficilmente partorirà un’uscita “a sinistra”. Le micce sono accese, da una parte e dall’altra e sarebbe giusto ricordare come la fine della democrazia possa essere decisa anche per vie democratico-parlamentari come la storia spesso insegna.

Era giusto l’altro ieri, alla vigilia delle elezioni, quando le confezioni del nulla presentavano i loro marchi “andiamo a salvare l’Italia” annunciava Bersani o “vogliamo sentire il profumo di sinistra” argomentava Vendola e oggi che scartiamo gli involucri fingiamo sorpresa verso una speranza malriposta. Come se non lo si fosse saputo già da prima. La governance è già impostata, il timone bloccato come se il governo che verrà pre/esistesse alla raccolta del consenso si scriveva pochi mesi fa. L’austerity deve continuare, i diritti civili e ambientali dovranno essere ulteriormente elusi e il welfare dovrà subire a breve un altro colpo micidiale, lo impone lo Stato delle cose presente, la rapina mano armata che il capitalismo ha eretto a sua unica forma di sussistenza. Abbandonata la via dell’organizzazione della società non rimane che questa, la sottrazione al sociale delle risorse materiali (capitale, tasse, posti di lavoro) da servire come sacrificio all’accumulazione primaria. A questo servono i cani da guardia eletti a Presidenti come surrogati di una democrazia salvata come forma e uccisa nella sostanza. ReGiorgioIIChecché ne dicano si è usciti definitivamente dall’alveo della Costituzione e Napolitano che succede a Napolitano è un unicum della storia repubblicana che ricorda tanto le monarchie elettive polacche piuttosto che una Repubblica affacciata al Mediterraneo. Nella crisi, come diceva Foucault, “la polizia è tutto” e non sorprende che il nome a circolare accanto a Napolitano fosse quello del Ministro-prefetto Cancellieri (quello dei lacrimogeni dai ministeri).

Dal’altro canto cosa ci si sarebbe dovuti aspettare dal Pd, il partito del Lingotto, quello liberale e liberista stile Ichino per intenderci o dalla sua ala “sinistra” dotata di quell’orrendo nome genocida quale “giovani turchi”?

Storie vecchie drammi nuovi. La candidatura di Stefano Rodotà alla Presidenza della Repubblica aveva unificato tanti pensieri. La possibilità di cominciare a percorrere una strada difficilissima per un’alternativa all’interno del quadro costituzionale era dischiusa. Prima che fosse scelto come candidato del M5s Rodotà era nome sulla bocca di tanti, personaggio che entrava al Teatro Valle occupato a parlare di Beni Comuni e che risultava Presidente onorario del comitato Articolo33 promotore del referendum bolognese sulla scuola. Sel lo indicava già da tempo ma è stato Grillo a proporlo con maggiore insistenza fino allo scacco matto finale quale evocazione simbolica dell’antipolitica, del rifiuto dell’inciucio e della lotta alla casta. Posizioni e programmi non hanno valore ormai (lo stesso M5s aveva sottolineato che come candidato non apparteneva alla loro parte politica) perché il grosso del consenso lo si ottiene dal ventre del paese. Se Renzi “ciuccia” dalla rottamazione senza porre al pensiero comune interrogativi sufficienti sulle politiche suicide che propone, Grillo si è dato efficacemente alla caccia della “rappresentanza” dai partiti ai sindacati e si è certi che vincerà entrambe le battaglie. Il consenso plebiscitario che oggi accumula non lo spenderà per le elezioni, che a questo punto si allontanano, ma per spruzzare ulteriori diserbanti nel già poco vitale dibattito politico. Le tossine che si addenseranno fanno già tremare i polsi. La sorte della Cgil, il più grande sindacato italiano è inesorabilmente legata al fallimento del Pd. Residuale, con le idee veltroniane del lingotto a trasferirsi in seno al sindacato. Il “Patto della fabbrica” (un rinnovato patto dei produttori che ha come unico obiettivo quello di comprimere ulteriormente salari e diritti) con il quale Confindustria chiede di “deporre le armi” preventivamente è già segno in questo senso senza contare la proverbiale inattività che ha contraddistinto siffatto sindacato a guida Camuffo. Sarebbe bene ricordare,  inoltre, come nei giorni dell’elezione del Presidente della Repubblica a Milano si siano verificati duri scontri tra lavoratori e polizia (San Raffaele e Aeroporti) indice che il livello di conflittualità è destinato ad aumentare.

L’uscita “a sinistra” in queste condizioni è pressoché inverosimile e la et si mechelonresponsabilità storica di cui lorsignori “democratici” si sono macchiati è di enormi proporzioni. Il “botto” del Pd ha fatto molti morti e feriti e già si avvistano i primi avvoltoi attorno ai cadaveri. Se il primo arriva da Firenze il più pericoloso è Barca (uno che non avrebbe fatto differenze tra Rodotà e la Bonino) e che aspira a rifondare una stramorta “socialdemocrazia”. Se la sua Opa su Sel avrà successo ci ritroveremo una sinistra già sconfitta in altri paesi europei e la compagnia nel Pse (abbandonato il Gue) sarà quella del Pasok e del neocolonialista Hollande. Insomma quanto di più lontano da una tanto ventilata Syriza italiana!

Sun Tzu sosteneva che in tutte le battaglie, il combattere e il conquistare non sono segno di suprema eccellenza perché quella consisteva nel piegare la resistenza del nemico senza combattere. Quando fu chiesto alla neodefunta Thatcher quale era stato il suo più grande successo, lei prontamente rispose: “Il New Labour” con le sue idee che costituivano la base dell’intero campo di battaglia. Quella è la gabbia che ancora ci contiene.

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Nel Voivodato di Modena le sciabole neanche tintinnano e l‘omogeneità la fa da padrona. Si vota scheda bianca per Marini con un comunicato comune si elegge Napolitano con un comunicato comune, questo, che se non altro ha il pregio della franchezza: “Ma non può sfuggire, ai richiedenti, che il radicalismo assunto da Rodotà, sommato alle argomentate ma pur sempre dure critiche al riformismo del Pd espresse fin dalla sua nascita, impediscono alla comunità democratica di convergere nella sua interezza sul suo nome.” 

Il radicalismo di Re Giorgio invece non lo nota nessuno. Cerchiamo di ricordarlo. Chi come Cécile Kyenge Kashetu si “batte” per la chiusura dei Cie vota per colui che li ha istituiti (Turco-Napolitano, allora erano Ctp strutture ugualmente bocciate anche in sede europea per violazione dei diritti umani) ma noi salvaguardiamo le istituzioni n’est pas? Chi era contro la guerra vota per qualcuno che nel lontano 2003 zittì la sinistra che protestava contro l’intervento in Iraq con un laconico: “No alla guerra è pura propaganda, reagire all’antiamericanismo” nel 2009 farà di più offendendo chi chiedeva il ritiro dall’Afghanistan con queste parole: “Una becera e indegna manifestazione che non conta” e nel 2011 sarà Bossi a rivelare che sulla Libia: “Berlusconi non voleva la guerra, Napolitano sì” ma noi salvaguardiamo la Costituzione non è così? E si potrebbe proseguire ancora a lungo ma ci fermiamo qua per compassione.

Alla giovane deputata “ribelle” Giuditta Pini verrebbe da chiedere con quale slancio di coraggio e impudenza ci si ritenga in grado di dare lezioni di costituzionalità a Rodotà?Il PD ha sbagliato ad imporci dei nomi senza una vera discussione politica, ma non possiamo votare Rodotà perché si è proposto come candidato del web, e questo è presidenzialismo, contrario alla nostra costituzione che lui dovrebbe tutelare.” Rodotà presidenzialista e contro la Costituzione?? Ma a chi diamo da bere? Il risultato? Proprio quel presidenzialismo che si voleva evitare perché quando il prossimo governo continuerà le politiche d’austerità sarà di fatto un governo di esclusiva emanazione presidenziale senza nemmeno la legittimità di un voto popolare, non solo, l’opposizione ad esso, dentro e fuori dal Parlamento sarà inevitabilmente e oggettivamente opposizione al Presidente della Repubblica. Chi ha difeso le Istituzioni?

Siamo certi che queste domande non incontreranno risposta alcuna, dopotutto la dignità non è roba per tutti. Soprattutto per chi, pur consapevole dello sfacelo nel quale versava il proprio partito, ha abbandonato anche la testimonianza del proprio voto per una resa senza condizioni. I dettagli sono essenziali a certi livelli.

L’intelletto è un miscuglio curioso: può pensare e può nascondersi al pensiero; possiede aree di visione e aree di cecità. Quando il sentimento mostra una strada e l’intelletto, a causa delle forze di circostanza decide che siamo obbligati a prenderne un’altra, si tratta di una circostanza penosa che rientra sotto il termine IPOCRISIA.

Da quaggiù la situazione è questa: “Eri come l’oro, ora sei come loro” ma era riferito alla Fiom non di certo a due parlamentari senza coraggio e lungimiranza.

Passare davanti alla New Holland di Modena e vedere il gazzebo/container della Fiom “imbrattato” con una scritta eloquente fa riflettere e spaventare. Soprattutto quando, meno di un anno fa, uno simile era stato incendiato davanti alla Maserati con simboli neofascisti.

Ai due parlamentari. Avercela ancora la Socialdemocrazia….