
Si affonda, è proprio il caso di dirlo.
Quando, qualche tempo fa, si diceva che la rappresentanza in Italia era in via di decomposizione si stava forse approssimando per difetto. Il problema, in questo caso, è che ad affondare, oggi, non è tanto l’assenza di una reale rappresentanza quanto qualsiasi forma seppur tenue e residuale di democrazia. La proposta di riforma elettorale partorita dal Giano bifronte B/R (qua a lato) è concepita proprio a tale scopo.
Anche senza stare a tirare in ballo programmi piduisti o oscure dietrologie il risultato appare chiaro. In assenza di reale rappresentatività non si è pensato già a come recuperarla ma al come farne definitivamente a meno. Ciò che ci viene restituito è un surrogato del surrogato nel quale le forme delle rappresentanza, già apertamente in crisi, vengono di fatto azzerate.
In barba alla sentenza della Corte Costituzionale che solo pochi giorni fa affondò il “porcellum” definendolo una legge incostituzionale nella palude della politica italiana approda l'”italicum” che ne ripropone per filo e per segno i due principi cardine (premio di maggioranza “abnorme” e liste bloccate senza preferenze) già giudicati incostituzionali. Il contenuto a dir poco eversivo dell’accordo B/R risiede tutto qua: nella manomissione esplicita e consapevole dell’alveo costituzionale e nell’eliminazione de facto del diritto di scelta e del potere del cittadino. Da un lato, un premio di maggioranza del 15-20% ottenuto a fronte della soglia ridicola del 30-35% è di per sé un forte condizionamento della scelta di voto, dall’altro una soglia di sbarramento dell’8% è micidiale sotto il profilo della rappresentanza e si traduce in una ulteriore quanto feroce esclusione di milioni di elettori. Se ci ricordiamo le percentuali di astensione delle ultime elezioni nelle quali il “non voto” venne eletto a “primo partito” abbiamo un quadro della situazione.
Avrebbero potuto benissimo reintrodurre il diritto di voto in base al censo che il risultato sarebbe stato lo stesso. Ma a tant’è a epoche “diverse”, “diverse” ricette. Dopotutto, la nuova proposta, degna della famigerata Legge Acerbo (quella che spianò la strada al fascismo nel ’23 per intenderci), si adatta perfettamente alle “ragioni pratiche” della governance contemporanea nella quale le scelte che contano non possono più essere condizionate “dal basso” in alcun modo “istituzionale” o legale, e dove forme pseudo-plebiscitarie – l’incoronazione tramite primarie aperte – e aumento esponenziale dell’astensionismo vanno di pari passo, sono facce dello stesso processo (qua).
Non a caso la deriva “liderista” ha infettato, da tempo, tutti i “partiti politici” italiani che sono ormai nulla di più che personalismi. Il Pd si è ridotto in ciò che ha sempre desiderato essere in completa identificazione col “nemico”, vale a dire, un leader con un partito intorno; e a poco valgono le varie “defezioni” che tanto fanno chiacchierare perché delle presunte “alterità di sinistra” di un Cuperlo o di un Fassina circa azioni di governo o come “icone parlanti” non è pervenuta traccia alcuna ed, “a sinistra”, questi due, non mancheranno di certo a nessuno.
Alessandra Daniele, in un brillante articolo di qualche mese fa, descriveva il sistema politico italiano come un Mostro a dieci destre e quello “spettro” è sempre più evidente. Il problema che si presenta però non è di poco conto. Il corpo elettorale non è un bancomat così come il conflitto sociale non è menù a prezzo fisso e se la mediazione, in politica, è un dato intrinseco della rappresentanza, il bandirla potrebbe avere conseguenze pericolose. Un conflitto senza mediazione ha un ché di bellicoso e i “vuoti”, in politica, prima o poi vengono riempiti. Sempre. Se aggiungiamo alla contro-riforma elettorale l’attacco, quasi simultaneo, alla rappresentanza sindacale, così come riassunto molto bene in questo articolo abbiamo un idea dello scenario a tinte cupe che ci aspetta; vale a dire: “la progressiva trasformazione dello Stato da spazio deputato alla mediazione dei conflitti sociali e alla costruzione del consenso a macchina burocratico-militare sempre più finalizzata al controllo disciplinare. Uno Stato, gendarme sociale, che ai poveri e agli esclusi si presenta solamente nei suoi abiti repressivi mentre ai ricchi e ai benestanti (o agli stolti ça va sans dire) appare ancora come “democratico” e capace di garantire le virtù del contratto sociale.”
Di cosa ci “parlano” le “circa” 17.000 persone attualmente sotto processo colpevoli semplicemente di aver promosso lotte sociali riguardanti i migranti, la precarietà, il diritto alla casa, ai servizi, al reddito? Di cosa ci “parlano” le pratiche governative messe in atto contro il movimento NoTav che prevedono la contestazione del reato di “terrorismo” fino alle le ingenti pene pecuniarie inflitte a chi si oppone alla follia del treno ad alta velocità?
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Si affonda si diceva….
“Alluvione Natale 2009, alluvione giugno 2011, nevone febbraio 2012, siccità estate 2012, maltempo autunno 2012, frane primavera 2013, maltempo aprile 2013, tornado maggio 2013, nubifragio su nota località balneare giugno 2013, emergenza caldo luglio 2013, infine alluvione gennaio 2014. ”
Inizia così l’articolo del metereologo Luca Lombroso sull’alluvione che ha colpito il modenese in questo inizio di 2014 e ciò che Bansky sembra suggerirci trova purtroppo riscontri reali.
L’Italia è il posto ideale per chi vuole costruire grandi opere che non servono a nulla ma è anche lo stesso luogo nel quale non si fa nulla, o quasi, per impedire che ancora si possa morire per pioggia. La cronaca recente ne è “zuppa” tanto che “alluvione” e “esondazione” si contendono il macabro primato di essere presto associate alle caratteristiche tipiche “dell’italianità”, accanto a mostri sacri quali pasta e pizza.
Questa volta è toccato a noi, alla provincia modenese, e anche se non sono stati avvistati F-35 bombardare “umanitariamente” gli argini che non hanno retto o portaerei “di pace” solcare le acque fuoriuscite dal Secchia, la fantasia ha ottenuto in ogni caso la sua parte, incarnata in un animale dispettoso, la nutria, rea confessa del disastro provocato.
Che i contadini di Sozzigalli avessero espresso per tempo (2 anni fa!) le loro preoccupazioni: “Se non si costringe Aipo (Agenzia Interregionale per il fiume Po) a fare in fretta gli interventi necessari, finiremo tutti sott’acqua e, prima o poi, potrebbe scapparci il morto” non importa nulla a nessuno, o quasi. Che il letto del Secchia non venga dragato dal 1974 e sia più alto del livello della campagna circostante (come scritto perfettamente qua), nemmeno. “Con le nuove paratoie la sicurezza è garantita” sosteneva solo pochi mesi fa l’ing. Fortunato, Direttore dell’Aipo, che stando a quanto si apprende da qua percepisce all’anno la stessa cifra destinata alla manutenzione dell’argine del Secchia.
Solo a posteriori partono le inchieste, del resto non si ha a che fare con semplici cittadini che protestano, ponendosi delle domande, ma con denari veri e propri, gli unici ai quali è ancora garantito un “contratto-sociale” senza sociale.
C’è poco (molto) da fare, l’Italia è il posto ideale per chi voglia costruire grandi opere inutili.
L’Emilia-Romagna è in Italia e l’autostrada Cispadana che potrebbe trasformarsi in un ulteriore rischio per il sistema idrogeologico del territorio dovrebbe passare proprio da qui.
Posted on 23 gennaio 2014
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