
Alla fine dei conti, il neoliberismo non è nemmeno così drammatico se in qualche modo si riesce a galleggiare. Basta chiudere gli occhi e non farli mai, questi conti, posticiparli all’infinito, finché morte non vi separi.
Estate 2017, #ModenaPark. Dalle finestre di casa entrano sia il rotore dell’elicottero che da una settimana ti ronza sulla testa, sia le note attorno a …. se fossi stato, ma non sono mai stato così; insomma dai adesso sono qui! vuoi che dica anche se soddisfatto di me in fondo in fondo non sono mai stato “soddisfatto” di che ma va bene anche se qualche volta mi sono sbagliato … entrano entrambe, come un cortocircuito.
È questo che sta vivendo effettivamente Modena in questi giorni. Il Megaevento produce, macina, sbobina sentimenti, distilla emozioni, ma, al tempo stesso, divide e separa come in una grande macchina per l’imballaggio. Funziona un po’ come per i Mondiali di calcio e Vasco e il suo concerto per i 40 anni di carriera, diventano un Fatto sociale totale , sui quali costruire discorsi, analisi, studi, consensi, aggregazioni, cittadinanze… Anni fa, in quello stesso parco Ferrari, un’altro Sindaco di Modena, Giorgio Pighi alla vigilia delle elezioni, andava a racimolare voti giovanili salendo sul palco di un concerto gratuito dei Modena city ramblers. Altri tempi. Vinse con pochissimo scarto. Inutile negarselo dunque, il futuro della politica modenese passa anche da quest’evento, da quest’azzardo, è un gioco che si conosceva già prima e che ora non è mai stato così evidente.

…e poi ci troveremo come le Star… la giunta modenese nel suo massimo splendore.
Un concerto sull’attenti, quello di Vasco al Modena Park, come lo sono ogni megaopera o ogni megaevento in stile Expo, tutti conditi da tanti bei discorsi purché al fronte vada sempre qualcun’altro. Lo è anche questo concerto per ciò che finora ha veicolato come messaggio principale. Da quel “stiamo lavorando per voi” dal sapore falso fin dall’antichità a quei piccoli sacrifici richiesti per far sì che tutto si svolga per il meglio, come se fossimo tutti sulla stessa barca. Di questi ultimi, Vasco se ne ricorda e lo sa bene, non certo un Sindaco in veste da televendita.
Non lo troverete sui giornali, eppure bastava girare un po’ per la città ed ascoltarne le voci, perché questa retorica del tutti insieme appassionatamente cominciasse a scricchiolare e a sbriciolarsi profondamente. Esercizi costretti alla chiusura, spostamenti limitati, ferie obbligate o doppi turni imposti, raccomandazioni e divieti paternalistici e chi più ne ha più ne metta. Ciò che veniva spacciato come condiviso e partecipato altro non era se non l’ennesimo fatto calato dall’alto, imposto a tutta la città. Il concerto dei record come una qualsiasi ordinanza comunale.
“Non c’è niente che funzioni in una città sottratta ai cittadini, per diventare il regno del vuoto a perdere, della birra in plastica, del tutto finto. Ma girerà tanto denaro: davvero? Ci chiediamo per chi.”
Lunedì scorso, a Roma, uno sciopero veniva precettato con la scusa che, col caldo eccessivo, il trasporto pubblico doveva essere garantito. A Modena per Vasco taxi e bus potevano essere bloccati tranquillamente per tre giorni. È la città dei motori® questa dopotutto e ognuno ha la sua brava macchinina. Dove non riescono nemmeno più Primo maggio o 25 aprile a chiudere i supermercati arriva il Capitale in forma di megaevento, persino cerimonie come i funerali possono essere sospese, tanto per ritornare al fatto sociale totale. Non vi è nessuna polemica in tutto ciò ma una semplice constatazione, la descrizione dell’acqua da parte di un pesce. Rimane solo la speranza che il conto finale non risulti troppo salato come per ogni megaevento/megaopera per i quali le casse collettive si prosciugano a favore di pochi profitti privati.
In anni in cui l’economia politica era ancora considerata come qualcosa di diverso da un qualsiasi Stato di natura, anzi, era terreno di confronto e di discussione come oggi lo possono essere parole d’ordine bipartisan come “identità”, “invasione”, “gente esasperata”, “blocco delle Ong” ecco, allora c’era una teoria che cercava di spiegare e diffondere il verbo neoliberista. Era la teoria del Trickle-down. La stessa che non fa che aleggiare su ogni discorso che si può fare attorno al Modena Park. In sintesi: molti fautori del neoliberismo sostenevano (e lo fanno tutt’ora) che il modo migliore per aiutare i poveri era quello di favorire semplicemente la crescita economica, essa sarebbe stata dunque condizione necessaria e quasi sufficiente a tal scopo. Il trickle-down o teoria dello “sgocciolamento” indicava proprio questo, come cioè, il taglio di tasse ai ricchi o i grandi investimenti verso quella fascia di popolazione avrebbero presto portato benefici per tutti quanti, perché, goccia a goccia, i vantaggi della crescita sarebbero prima o poi ricaduti su tutti quanti. Sgocciolando. Non ha mai funzionato ovviamente e come teoria si è rivelata molto spesso come poco più che una credenza o un articolo di fede.
L’archistar del rock che concerta su di sé tutte le attenzioni di un Comune mentre se si prova a fare musica dal basso, cercando luoghi nei quali fare esibire band locali, nel peggiore dei casi ti sgomberano con la celere. Piccoli esercenti che si riempiono qualche frigo in più nella speranza di vendere, per quella giornata e solo per quella, qualche centinaio di birre in più. Il grande indotto di una città e di un evento che “faranno la storia del rock”™.
Si limitasse al denaro, il Trickle-down, ce ne saremmo fatti una ragione, è che lo “sgocciolamento” comincia a funzionare anche ad un livello più intimo, più umano, fatto di sentimenti ed emozioni. Piovono anche queste, goccia a goccia, calate dall’alto, come surrogati di un sentimento di comunità in via d’estinzione ma consumabile all’evenienza. È questo forse ciò che andrà indagato maggiormente perché il conto arriva sempre e le vicende umane non hanno affatto scadenza all’infinito.
Posted on 30 giugno 2017
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