
“Gli strumenti del padrone non demoliranno mai la casa del padrone”
Venerdì 15 dicembre, largo porta Bologna. Le luci di Natale sfumano nelle luci dei blindati della celere. Inizia così, a Modena, la “campagna elettorale” più irrespirabile e velenosa di sempre. A meno di un kilometro di distanza, sotto al monumento ai caduti più imponente della città, sta per andare in scena il lugubre rito neofascista con fiaccole e italiche bandiere del Regno dietro alle insegne del No Ius Soli. La calata tanto temuta non c’è stata. I numeri sono esigui, nonostante tutta la prezzolata stampa cittadina pompi le cifre fino a quota 180-200, le presenze effettive sono molte meno. Non è comunque un dato sufficiente a tirare un sospiro di sollievo.
Scrive Emilia Antifascista: ci preme innanzitutto rilevare come una mobilitazione antifascista nata dal basso, partita settimane fa attraverso l’inchiesta, lo smascheramento e la controinformazione sulla vera natura del sedicente comitato “Difendi Modena”, poi allargatasi e culminata nella grande piazza antirazzista di ieri sera di Porta Bologna, abbia ottenuto il risultato non scontato di contrapporsi e ridimensionare fortemente quella che nei fatti voleva essere una calata della galassia nera extraregionale: nonostante la scandalosa autorizzazione dopo i fatti di Mantova e Como, la città completamente militarizzata dalla polizia, l’imponente scorta pagata loro dai contribuenti, i fascisti si sono trovati di fronte una città ostile e una piazza antifascista viva, pronta a respingerli, con determinazione e senza delegare, senza “porgere l’altra guancia” come vorrebbero certe retoriche che lasciano campo libero allo squadrismo organizzato. I fascisti non hanno potuto girare liberamente per Modena, questo è un dato di fatto. Questo, forse, è l’unico dato positivo di una serata amara.
Ce lo si aspettava e sinceramente non si capisce proprio come si potesse tornare a casa senza il senso di nausea. Sfilavano i fascisti, autorizzati, coccolati, posti quasi a baricentro dell’arco costituzionale e si pretendeva pure di tornare a casa senza angosce? Se vi era una manifestazione che ha rischiato fino all’ultimo di non essere autorizzata quella non è stata sicuramente quella fascista ma quell’altra, quella dove stavate pure voi. Quella dove siete arrivati titubanti, superando polizia, carabinieri camionette e municipale. Mancava giusto l’elicottero per l’occasione, ed è strano perché ce l’eravamo già visto svolazzare sulla testa per un presidio di 40 persone solo qualche tempo fa, in una città di vuoti pneumatici che mica stava a perdere tempo su concetti quali: giustizia, gestione del territorio, gestione delle risorse, repressione ecc. Avete presente tutto quel dibattito strumentale attorno alla legge Fiano? Sembrano passati anni ma è solo un mese fa. Il binomio Stato e fascismo è un duo indissolubile, le leggi c’erano, ci sono ma non vengono e non sono mai state applicate. Un analgesico e niente più e non si va lontano nelle cure con gli analgesici.
L’Europa marcia sempre più spedita verso il fascismo (aprite qua) e l’Italia non rimane certamente indietro. Polizia dappertutto e informazione da nessuna parte, questa la condizione principale del paese. Domandatevi perché prima Salvini e ora Casapound stanno perennemente in onda. Domandatevi come un’idea paranoica, che fino a poco tempo fa non avrebbe avuto alcuna cittadinanza in televisione, come “sostituire i popoli europei” tramite l’immigrazione possa diventare racconto politico principale di un qualsiasi talk show televisivo o come la terminologia neonazi: mondialismo, immigrazionismo, sostituzione di popoli… faccia parte del lessico politico della destra italiana da almeno qualche anno. Domandatevelo dopodiché conficcate la serata di venerdì 15 dicembre a Modena come bandierina dell’inizio della campagna elettorale cittadina.
Non è un bello scenario vero? Però la realtà occorre guardarla in faccia per poterla affrontare e non nasconderla dietro un dito, per seppellirla. Le polemiche riguardo alla serata del 15 dicembre partono già la settimana prima, con Muzzarelli che chiede per via mediatica di non autorizzare l’iniziativa fascista salvo poi arrivare, nei giorni precedenti, a schierarsi col Questore con dichiarazioni a favore della libertà di manifestare, anche e soprattutto per i fascisti. Non stupisce e non è di certo la prima volta che accade a Modena con questo sindaco, così come non è la prima volta che la contromanifestazione sia prima circondata da militari in assetto antisommossa, poi caricata. In maniera brutale e inaudita però questa volta.
Ma prendiamo il racconto prima da SenzaQuartiere:
Si comincia prima, dalle parole, col presidio antifascista autorizzato che sui giornali diventa “raduno degli antagonisti” e i fascisti che tornano ad essere “estrema destra” rientrante tranquillamente nell’arco costituzionale nonostante, questa volta, la destra Berlusconi-Salvini-Meloni e il Movimento Cinque stelle locale abbia evidentemente annusato l’aria e approfittato opportunisticamente della ricca occasione per non sporcarsi le mani, sedendosi in riva al fosso a guardare i potenziali cadaveri passare.
Poi tutto come da copione, forse persino scontato.
Si arriva alla spicciolata in fondo a via Emilia, vicino a Largo porta Bologna. Chi è già in piazza racconta di controlli ai documenti e perquisizioni. Camionette e militari in assetto antisommossa in ogni lato. Il cordone della celere si schiera sul lato di Piazza Garibaldi al confine con largo Porta Bologna. L’auto con l’impianto per la manifestazione non riesce dunque a passare. Il presidio si ingrossa sotto la pioggia. Le facce modenesi sono tante, di tutte le età e di svariate realtà politiche e associative locali. Mancano giusto quelle sigle (tutte a parte qualche sporadico politico che si aggira per i vari presidi) che a marzo chiederanno il voto agli italiani; “l’antifascismo” da comizio radunato poi sparito alle 18.I numeri non sono enormi, ma ad un certo punto si superano ampiamente le 300 persone, al freddo, sotto la pioggia e circondate dalla polizia. Un cuore sinceramente antifascista a Modena batte ancora e non è un dato così scontato visti i tempi. Anzi.
Sotto al Monumento ai Caduti, nella manifestazione fascista, i numeri non devono essere troppo clementi e se ieri il Resto del Carlino parlava di 180 manifestanti allora abbiamo visto bene, e ce ne erano molti meno.
Intanto, in via Emilia, la tensione sale e le proposte di girare i tacchi e sfilare in direzione ostinata e contraria, che a Modena sta andando per la maggiore ultimamente (vedere la manifestazione del 14 maggio 2016 contro gli sgomberi, il SiCobas lo scorso febbraio o anche solo l’ultima mobilitazione del 3 dicembre), viste anche le ostilità della Questura a qualsiasi manifestazione che non sia fascista o istituzionale, rimane inascoltata. Scoppiano un paio di grossi petardi, alla terza esplosione parte la carica profonda e brutale. Il manganello che infierisce incessantemente su chi è rimasto per terra. Ci sono diversi feriti e quattro fermi di cui solo uno trasformato in arresto e liberato ieri dopo una condanna per direttissima. Il presidio “municipale” si è già disperso alla prima carica, davanti alla parrocchia di San Biagio poi con la fuga in via del Carmine. Il confronto si sposta su Canalgrande dove il corteo si ricompatta e arriva fino al Parco Novi Sad.
La serata finisce alle 23 con fermi, feriti e una città sconquassata nella sua essenza, la normalizzazione.
Poi la testimonianza di un noto giornalista che sta in città:
Ieri sera a Modena si sono celebrate due cerimonie religiose, distinte ma complementari. In piazza Torre il rito dell’Espiazione. In largo Porta Bologna il rito del Martirio.
Il fine mistico di entrambe era placare l’ira della divinità antifascista, offesa dalla profanazione della Setta dei Pelati Neri.
La prima cerimonia, a coreografia statica, si è affidata alla liturgia della Parola: un officiante con sacri paramenti tricolore davanti all’altare, le omelie della Partigiana e della Giovane, gli stendardi, il raccoglimento ieratico davanti all’iconostasi dei Partigiani Morti.
La seconda cerimonia, a coreografia dinamica, si è affidata alla liturgia del Sangue: promessa di sacrificio, intervento miracoloso della voce tonante di san Petardo circonfuso di luce che sfida il Male a manifestarsi nella sua incarnazione terrena di Diabolico Manganello, profferta infine soddisfatta di immolazione dell’Innocente (un ragazzo pestato mentre faceva solo un filmatino col cellulare).
Entrambe le cerimonie, com’è nella loro natura, rappresentavano atti di sostituzione simbolica e di scongiuro apotropaico. Una realtà percepita come ostile ma inarrivabile, immodificabile, cambiare la quale è ritenuto fuori dalla portata delle forze umane, è stata sostituita con i più disponibili simulacri della purificazione e della riconsacrazione, attraverso le forme recitative tradizionali della messa e della processione.
Le cerimonie religiose hanno una certa efficacia soggettiva, compattano i credenti e placano l’angoscia della limitatezza umana. Ma nessuna ha alcuna influenza sulla realtà.
Sulla realtà incidono purtroppo altre più materialistiche e ben congegnate cerimonie.
Primo. Protetta da muri di divise, l’opera al nero della setta stonacchiante dei Neri ha invocato un esito che invece si realizzerà: non avremo la legge sullo Ius Soli, e loro potranno intestarsene il merito.
Secondo. Gli atei di comodo, il partito del “ma anche no”, se ne è stato al chiuso della propria autosufficienza spocchiosa, preparandosi, fra non molto, a governare questa città e questo paese.
Terzo. Il fascismo, quello vero, che è disprezzo del debole, negazione di diritti e di cittadinanza, difesa dei privilegi del denaro, del sangue, della cultura, affermazione della violenza come ragione e giustificazione del potere, il fascismo vero, che manda avanti come utile parafulmine il folclore dei Pelati, lievita intanto in spazi politici a bassa intensità simbolica, senza braccia tese e camicie orbace, affondando il ramaiolo tra la gggentechèstufa, saprofita della frustrazione sociale.
Ieri sera, non sentendomela di restare a casa, ho frequentato le due cerimonie, sentendomi fuori posto in entrambe. Non ero l’unico.
Manca un posto, questa è la verità, per i disadattati come noi.
La città però c’è, è viva, scende in piazza nonostante la “nassa” dei celerini che la chiudono da ogni lato e la pioggia battente. Le facce sono quelle dei modenesi, di quelli che conosci, di quelli che ricordi o di quelli che hai visto solo qualche volta e non sono nemmeno poche quelle facce. Forse da lì occorre ripartire con serietà però, senza retorica e con molta autocritica perché il “discorso pubblico” che si è sviluppato nel post manifestazione, lasciatecelo dire è deprimente.
In quella piazza di realtà organizzate non ce n’erano tre o quattro ma molte di più. C’erano pezzi istituzionali e pezzi di sindacato oltre la cosiddetta (passateci il termine) società civile. Perché sembra quasi che tutto il mormorio successivo al corteo, tutto quel masticare sui social network che ne è seguito, altro non siano che la presa di coscienza di un tessuto sociale della “sinistra” cittadina che ha scoperto improvvisamente la propria impotenza.
Sia chiaro non ci piacciono certe pratiche e consideravamo la giornata del 15 un immenso trappolone posto sul cammino della critica a un modello di sviluppo della città votato alla catastrofe e che si stava sviluppando degnamente. (D’altro canto a cosa dovrebbero mai servire i fascisti – pure la parola stessa è rubata al movimento operaio – se non a depotenziare le lotte, a creare falsi bersagli e a mascherare sotto un costume “rivoluzionario” il proseguimento della guerra tra poveri perpetrato dal sistema economico che ci circonda?) Lo affermiamo senza problemi non vi è nulla di “costruttivo” in ciò che è andato in scena venerdì sera a Modena, tuttavia, nel dibattito pubblico che si è creato ci sembra che l’ipocrisia regni sovrana. Sembra quasi che dietro al dito di quattro o cinque “bombe carta” o “grossi petardi” (come preferite) e di qualche scritta sui muri si voglia nascondere il fantasma di una carica inaudita, di una violenza che raramente si è vista in città, con persone colpite ripetutamente quando stavano già a terra. Ma non solo, che si tenti di esorcizzare – attraverso il tema della violenza magari “scatenata criminalmente dai manifestanti” [sic!] come sembra suggerire tutta la vulgata giornalistica – tutte le proprie impotenze e le proprie incapacità quasi come se un petardo incarnasse l’unico capro espiatorio su cui focalizzarsi.
Allora, tanto per essere chiari, ha ragione Michele Smargiassi nel dire che manca un posto per i disadattati come noi ma oltre la scontata analisi psico-sociale vi stanno dei nodi e delle responsabilità collettive che è bene non ignorare.
Manca un posto. Forse ci si scorda o non si vuole vedere che l’assemblea preparatoria al presidio del 15, nella quale ci sono stati sì confronti e “conoscenze” reciproche (è stata un’assemblea partecipata da quasi un centinaio di persone) ma non si è presa alcuna decisione riguardo la piazza, si è svolta in un ex cinema occupato in un clima cittadino quasi carbonaro. Un’assemblea di “carbonari” la definirà un modenese che a casa proprio quel giorno non ci poteva stare ed era lì in mezzo al presidio. Perché ormai non vi è rimasto più nulla e ad un tessuto sociale sempre più sfilacciato si aggiungono le macerie di quelle strutture che hanno fatto da architrave all’edificio “democratico” e “comunitario” per come lo conosciamo.
Prendiamo dal comunicato di Sinistra Classe e Rivoluzione Modena: la mobilitazione a traino PD e sindaco Muzzarelli è un flop. Meno di 200 persone e quasi nessun giovane per una mobilitazione promossa da PD, Anpi Modena, Cgil, Arci e tutta la sinistra riformista fino a SI e Prc. L’”antifascismo” istituzionale e benpensante è in crisi profonda. Il segnale è positivo: sempre meno persone accettano di manifestare il proprio antifascismo assieme al partito, il PD, che l’antifascismo lo strumentalizza per fini elettorali e lo tradisce ogni giorno, non da ultimo con la politica vergognosamente razzista del ministro Minniti che appalta alle milizie di tagliagola libici la “gestione” degli immigrati africani.
La mobilitazione antifascista convocata dalla gran parte della sinistra “alternativa” modenese ha registrato, invece, una presenza almeno doppia rispetto al presidio istituzionale. Circa 400 persone, infatti, si sono riunite in largo Porta Bologna nonostante un clima non dei migliori; la ‘democratica’ Gazzetta di Modena, invece, ha visto “250 anarchici”.

Sindacato nazionalsocialista di Forza Nuova?
Se realmente si volesse intavolare una discussione circa le inadeguatezze e le mancanze di quella piazza allora, oltre le pratiche (molte realtà che venivano da fuori e difficilmente potevano avere il polso della situazione cittadina) occorrerebbe interrogarsi molto anche sulle assenze di quel presidio.
Perché se la recente occupazione del cinema Olympia ha riconnesso un tessuto cittadino di un certo tipo: benestante, istruito e di mezz’età – non solo ma prevalentemente – è anche vero che, in quella piazza, mancava quasi completamente quella componente migrante che dovrebbe essere piuttosto interessata ad arginare incantatori xenofobi alle prese con la “rinazionalizzazione delle masse” nonché ad affermare un principio basilare della cittadinanza come quello dello Ius Soli.
Se ci voltiamo e guardiamo al corteo che si svolse il 16 gennaio del 2016, a quasi due anni da oggi, contro la presenza di Forza Nuova in città quella componente c’era, visibile e presente ma era anche il frutto di un lavoro nei quartieri faticoso ma efficace e figlia di un percorso assassinato con gli sgomberi del maggio 2016. Perché la violenza istituzionale ostacola, reprime e si accanisce contro qualsiasi possibilità di costruzione di comunità coscienti e solidali unica arma efficace contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. Oggi forse stanno vincendo queste ultime.
Sarebbe bene non alimentarle ulteriormente e magari lavorare sul territorio. Poi però pensi che ci sono le elezioni e….
Se ci fossero giornalisti in ascolto date un occhiata a cosa succede nella vicina Ferrara, al giornalista Marco Zavagli che in quella città si interrogò sulla morte di un ragazzo di 18 anni.
Posted on 19 dicembre 2017
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