L’Isis dei padroni.

Posted on 16 settembre 2016

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“Quest’episodio è gravissimo. È una roba da lutto nazionale. Un camion lanciato contro un picchetto. L’Isis dei padroni.” 

Christian Raimo

Difficile trovare una definizione più azzeccata di questa per ciò che è successo ieri a Piacenza. Mentre di lavoro si muore ancora tutti i giorni, in questa Italia renziana targata Pd si torna pure ad essere uccisi durante uno sciopero. Schiacciati dalle ruote di un Tir, sotto l’occhio vigile della polizia, come ai tempi di Scelba.

Abd Elsalam Ahmed Eldanf aveva 53 anni e stava picchettando coi suoi compagni. Scioperava per la stabilizzazione del posto di lavoro, non il suo, lui aveva già un contratto a tempo indeterminato, ma per la stabilizzazione di altri tredici lavoratori e per il reintegro di alcuni operai licenziati perché facevano parte del sindacato. In Egitto era un professore di matematica. E’ morto così, mentre il responsabile del magazzino incitava il camion a investire i lavoratori “andate avanti, andate avanti, asfaltatelo come un ferro da stiro.

Ti ammazzano e un paio di cere come il Presidente della regione e l’assessore alle Attività Produttive parlano a vanvera, quest’ultimo, Palma Costi, si lancia addirittura in un appello alla calma. bonacciniRicchi parlamentari modenesi invitano alla riflessione mentre in Parlamento arriva una legge che riduce gli obblighi di sicurezza sul lavoro e si spaccia come innovazione l’abolizione dell’articolo 18. Parlano tutti e viene il voltastomaco. Parlano tutti tranne chi effettivamente dovrebbe farlo, vale a dire, il segretario del più grande sindacato italiano, la Cgil, che si rifugia in un silenzio imbarazzato quanto per nulla disinteressato. Subentra la nausea. Senza contare poi il cervello dei benpensanti, conquistabile molto più facilmente da un paio di vetrine rotte e da qualche di scritta sui muri che da un episodio enorme come questo. Non si leggono qua i fiumi di consigli e di misure a cui si è abituati per altri fatti. C’è un silenzio ad indicare che vi è un confine, c’è un silenzio che rimbomba eloquente proprio in proporzione alla gravità dell’accaduto.

Eppure..Eppure era tutto così drammaticamente annunciato. Non è stato di certo un “incidente” o una “tragica fatalità” la morte di Abd Elsalam Ahmed Eldanf perché  le aggressioni, i pestaggi, le forzature violente dei picchetti così come le intimidazioni erano e sono la “normalità” delle “relazioni” capitale/lavoro nel settore della logistica. Tacerlo significa non voler guardare in faccia la realtà, significa girarsi dall’altra parte, uno sport estremamente praticato ultimamente.

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Lancette dell’orologio che riportano le relazioni industriali di questo Paese direttamente all’Ottocento. I lavoratori del magazzino G.L.S. di Montale (Piacenza) che ieri scioperavano sono gli stessi che nel dicembre dello scorso anno vennero aggrediti con spranghe e sedie da dei “colleghi” iscritti alla Cgil. Nel gennaio 2014, a Bologna, un giudice, tale Alberto Ziroldi per giustificare l’arresto di due delegati sindacali Si Cobas, nella vertenza Granarolo metteva nero su bianco testuali parole: “colpevoli di resistenza al padronato e alle forze di polizia, ritenute il braccio armato delle prime.”

E’ difficile dunque stupirsi troppo della Procura di Piacenza che disinnesca subito l’accaduto affermando che non c’era nessun picchetto, che non vi è stato alcun omicidio e che la polizia passava di lì per caso. Che Abd Elsalam Ahmed Eldanf sia morto con un megafono a fianco è un dettaglio del tutto irrilevante a quanto pare per il Sig. Salavatore Cappelleri. Dopotutto Pinelli si è suicidato lanciandosi da una finestra e Cucchi è morto per malnutrizione.

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Quando l’evidenza viene negata in questo modo, non si tratta più di una presa in giro diventa sfregio vero e proprio. Ma lo sfregio in questo Paese è quotidiano, è sfregio alla cultura, al sapere mal sopportato, alla critica fastidiosa, alla diversità inaccettabile, alla molteplicità pericolosa, al pensiero dannoso. Le responsabilità si proiettano tutte sulle vittime che “se la sono cercata” e la solidarietà è guardata con disprezzo.

Istituzioni e giustizia agiscono a senso unico e la morale dominante le segue a guinzaglio. Qualche giorno fa è stato scarcerato l’assassino di Emmanuel, un fascista di Fermo che lo uccise di fronte alla compagna. A distanza di due mesi dall’accaduto il risultato della tragedia vede la vedova di Emmanuel costretta a trasferirsi in un’altra città mentre il suo assassino viene scarcerato e lisciato dal sindaco di Fermo (Pd) con queste parole: “non penso nulla di male contro Emmanuel, ma sicuramente la città si è schierata con Amedeo”.

Nell’Italia 2016 il virus nero che ha caratterizzato la sua recente storia non è un’onda che torna ad affacciarsi sulla scena è la gelida quotidianità.

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Ma la colpa è nostra che in tutto ciò non riusciamo a intravedere la “normalità”, che al Capitalismo della paura non siamo ancora genuflessi, che ancora sogniamo un altrove sempre più difficile da immaginarsi ma che talvolta riusciamo pure a vivere.

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Possiamo pure negarcelo ma negli ultimi anni, quei lavoratori migranti che spesso non parlano nemmeno perfettamente l’italiano ma che si esprimono benissimo nella lingua dei diritti sono oggi il vertice delle lotte sindacali in Italia. E non solo in quelle.

vannetti

Precari, disoccupati, persone in attesa di un rinnovo contrattuale o stanche della propria condizione e di un orizzonte sempre più ristretto dovrebbero ricordarselo e dovrebbero sostenerli per sostenersi.

Purtroppo in Italia oggi per  richiedere certe cose, tipo i propri diritti o cercare di far rispettare gli accordi sottoscritti, si muore. 

E’ un dato che va registrato e che spaventa certamente.

Sarà più facile spostare lo sguardo, girarsi dall’altra parte, andare oltre e sarà così molto probabilmente. Ma questo omicidio è un fatto che ci riguarda tutti da molto vicino.

La responsabilità è di tutti.