È allarme mafia nigeriana a Modena! Su come si modella l’opinione pubblica e dintorni.

Posted on 21 gennaio 2019

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Questa è la storia di un’etichetta, di un’etichetta giornalistica e di come da posizioni marginali, legate perlopiù all’estrema destra neofascista, certi temi possano raggiungere facilmente, quasi per osmosi,  anche ambienti istituzionali dominandone linguaggio, analisi e interventi.

Fino a poco tempo fa, a parlare insistentemente di mafia nigeriana sui giornali locali, era stato esclusivamente tale Roberto Mirabile, presidente dell’associazione “La Caramella Buona” dietro alla quale, secondo un’inchiesta de L’Espresso, si nasconderebbe nemmeno troppo velatamente la sigla neonazista Lealtà Azione. Oggi, a distanza di pochi mesi, il tema deve essersi infiltrato per bene, aver attraversato qualche porta e trasmigrato più di un livello, perché a parlare, in più di un occasione, di città in mano alla mafia nigeriana sono nientemeno che la polizia e le istituzioni cittadine al punto tale che il sindaco Gian Carlo Muzzarelli, colpito a quanto pare dall’emergenza™ della questione, si è addirittura lanciato in un incontro in prefettura per affrontare l’argomento.

mirabilemuzzarelli mafia nigeriana

Il sindaco di Modena non ha mai speso troppe parole per il più grande processo per mafia tenuto nel Nord Italia, quello Aemilia, ma se arriva la mafia nigeriana allora è bene indire subito un vertice urgente in prefettura.

«Quello della mafia nigeriana è un tema su cui c’è il massimo impegno delle istituzioni ed ho chiesto e concordato con la prefetta, dottoressa Maria Patrizia Paba, che venga messo all’ordine del giorno mercoledì in occasione del prossimo incontro del Comitato ordine e sicurezza pubblica.» Questa la dichiarazione di Muzzarelli, sul Carlino del 20 gennaio, in risposta ad “un’inchiesta” [sigh!] dello stesso giornale a firma Valentina Reggiani, sulla mafia nigeriana e sui tentacoli della piovra nera nel nostro territorio. «In riferimento agli approfondimenti giornalistici che anche in questi giorni hanno nuovamente messo in luce, meritoriamente, un tema grave come quello di una organizzazione criminale che schiavizza giovani donne e uomini per prostituzione, spaccio e accattonaggio molesto.» 

Ma come fa un’argomentazione, propagandata perlopiù da un’estrema destra neofascista, a istituzionalizzarsi e a determinare l’orientamento politico di tutti, anche di chi, a parole, si autodefinisce democratico e progressista?

Ma andiamo con ordine e facciamo un piccolo passo indietro. Siamo nell’agosto del 2017 , l’estate in cui accade qualcosa di simile ma molto più in grande, a livello nazionale.

 

È l’estate dell’attacco alle Ong, della loro criminalizzazione, è l’estate del cambio di paradigma  con un “discorso pubblico” che vira prepotentemente da un certo tipo di sistema di valori ad un altro, ed è qui che per la prima volta, almeno in tempi recenti, appare sulla stampa modenese l’allarme riguardo alla mafia nigeriana.

A sollevare l’argomento è il già citato Roberto Mirabile – aka “La Caramella Buona”, aka Lealtà Azione (almeno secondo l’inchiesta de L’Espresso) – in un articolo che esce prima sul giornale on-line LaPressa per poi venire ripreso dal Carlino – Criminalità nigeriana e cinese: ecco le mafie emergenti –  e che sembra voler mettere in guardia una città appena investita dall’inchiesta Aemilia sull’avanzare di mafie “catalogabili per colore”.

Non ci bada quasi nessuno, è un’opinione come un’altra, ospitata su un paio di testate locali e niente di più. In realtà basterebbe leggerne il contenuto per nutrire più di un sospetto e cosa si nasconda dietro l’associazione “La Caramella Buona non dovrebbe risultare poi così segreto, basta una rapida ricerca su Google, ma abbiamo perso da tempo lo sguardo disincantato sulle abilità del giornalismo locale e, soprattutto, sulle sue funzioni latenti.

Passa un po’ di tempo prima di rincontrare le opinioni di Mirabile sulla stampa cittadina. Siamo ad aprile del 2018 e questa volta, sempre sul Carlino e sempre con un articolo a firma Valentina Reggiani, lo spazio dedicatogli è a tutta pagina. Come possa poi il presidente di una Onlus che si occupa sostanzialmente di pedofilia trasformarsi a Modena in un esperto di mafie etniche e avere sull’argomento ampia voce tra la cronaca locale proprio non c’è dato saperlo, certo è che per certi personaggi e per certe opinioni sembrano esserci sempre ampie praterie e porte sempre aperte nel magico mondo dell’informazione italiana.

esperto

Nell’intervista (che trovate qua) Mirabile afferma poi cose tipo: che dietro agli African Market o agli Internet Point si nasconderebbero traffici sporchi, finanziamenti al terrorismo e all‘Isis, si tira in ballo la morte di Pamela Mastropietro (quella evocata anche come “causa” nell’attentato di matrice razziale di Macerata) giusto per mischiare un po’ tutto quanto, che la mano nera sulla città si starebbe spartendo il territorio  “soprattutto da quando, con la maxi operazione Aemilia, la nostra criminalità ha lasciato spazi liberi”, il fatto che fra tutti i documenti dell’inchiesta Aemilia di traffico di droga e di prostituzione quasi non vi sia traccia non importa, l’importante è mescolare tutto, anche due mafie che agiscono o che agirebbero su due mercati completamente differenti, infine, per chiudere in bellezza, che “oggi abbiamo sempre più a che fare con fenomeni barbari perchè per loro, l’italiano, è un essere inferiore da eliminare.”

Insomma un bell’imperativo in pieno stile “Prima gli italiani” sembrerebbe essere il sottotesto dell’articolo. Anche per quanto riguarda le mafie.

Ora, in questa circostanza, non vogliamo affatto negare che ci sia o che possa esistere una “mafia nigeriana”  attiva sul nostro territorio che si occupa di traffico di droga e di prostituzione, ci mancherebbe, non abbiano né le conoscenze né la presunzione per poterlo smentire; ciò che ci preme far emergere, più che altro, sono i contorni di questa etichetta di “mafia nigeriana” che sembra essere molto più giornalistica che giudiziaria. Soprattutto quando questa diventa materia istituzionale per la quale si convocano vertici d’urgenza in prefettura: «In riferimento agli approfondimenti giornalistici che anche in questi giorni hanno nuovamente messo in luce, meritoriamente, un tema grave come quello di una organizzazione criminale che schiavizza giovani donne e uomini per prostituzione, spaccio e accattonaggio molesto.»

Insomma se di approfondimenti giornalistici si tratta vediamo quali sono i confini di questa “mafia nigeriana”«tema su cui c’è il massimo impegno delle istituzioni» (parole del sindaco Muzzarelli) – attraverso la lettura diretta delle inchieste [sigh!] uscite in questi giorni.

drogaSi comincia a metà gennaio circa, con un bel paginone sul Carlino su una coppia di nigeriani arrestata per spaccio di sostanze stupefacenti (250 grammi di marijuana e 15 di cocaina) in una zona sempre al centro delle cronache della città, quella di viale Gramsci e del parco XXII Aprile. Un’operazione “firmata in tandem dalla squadra mobile della polizia di Stato e dalla polizia municipale” che ci “consegna due importanti chiavi di lettura”. In pratica, stando a quello che si può leggere nell’articolo, “due figure medie nell’ambito dello spaccio”, “dei fornitori in pratica” stando a quello che afferma la polizia ma per l’autore dell’articolo  l’importanza dell’operazione “è racchiuso nel fatto che l’operazione ha riguardato ancora una volta la criminalità nigeriana (che come ha sottolineato anche una ricerca dell’Università di Milano da tempo sta attecchendo in Emilia.)” Di che ricerca si tratti ovviamente non viene specificato nell’articolo [sigh!] ma dietro allo spaccio di droga c’è l’ombra della “mafia nigeriana”.

Il tema è “caldo” e pronto per le puntate successive. Il 18 gennaio esce un’inchiesta [sigh!] (la trovate qua) sui tentacoli della “mafia nigeriana” con la prostituzione nella quale spunta anche (non si sa bene come) un delitto del 2003. “Era il luglio del lontano 2003 quando il corpo di una ragazza nigeriana riaffiorò nel canale Diversivo a Mirandola. Per il delitto della lucciola finì in carcere una ‘maman’, sfruttatrice di prostitute nere con l’accusa di concorso in omicidio. Ma i tentacoli della mafia nigeriana, ritenuta oggi la più pericolosa, hanno raggiunto il nostro territorio ben prima..” L’etichetta mafia nigeriana è messa in neretto mentre il resto non viene spiegato ed il collegamento con il delitto del 2003 sarebbe tale solo per la stessa nazionalità.

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Nella pagina a fianco troviamo l’intervista a Giuseppe Zaccaria, ex dirigente della mobile nonché ex funzionario della Digos di Modena che in qualità di espero afferma:«i nigeriani sono il vero ‘zoccolo duro’, hanno messo sotto tutti e con gli sbarchi il loro potere aumenta.» Poi prosegue:«In mezzo ai poveretti c’è chi organizza il traffico e chi, lì in mezzo si nasconde; dal terrorista al ricercato a chi vuole arrivare per raggiungere organizzazioni che hanno raggiunto già un certo livello…»

Tanto fumo e poche spiegazioni. Il giorno successivo, sempre sul Carlino e sempre a firma Valentina Reggiani, la “mafia nigeriana” si trova invece dietro all’annoso fenomeno criminale dell’accattonaggio molesto [sigh!] in città.

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A parlare è un testimone, una “gola profonda” di questo business che ad occhio e croce deve valere miliardi ed aizzare le mire di tutte le mafie possibili e immaginabili. «A parlare è uno dei ragazzi che collabora con l’associazione migranti e che ci spiega come, al di là del mondo dello spaccio e della prostituzione (le puntate precedenti N.d.A.), vi siano altri ‘affari’ sulla strada. Parliamo dell’accattonaggio o meglio del racket dell’elemosina, ben radicato anche nella nostra città.»… [sigh!]

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E l’inchiesta [sigh!] continua anche il giorno seguente, il 20, con un reportage tra gli ‘accattoni’.”

«Tra le tante sfumature della tratta e della riduzione in schiavitù di giovanissimi richiedenti asilo e adolescenti da parte della mafia nigeriana, ce n’è una che, più di tutte, risulta visibile e ‘scomoda’. Stiamo parlando dell’accattonaggio molesto che rappresenta per tanti modenesi una vera e propria piaga da combattere, messa da sempre sotto la lente delle istituzioni.»… [sigh!] e ci fermiamo qua per igiene del blog!

Su cosa sia effettivamente questa “mafia nigeriana”, a parte forse un’entità astratta che si celerebbe dietro allo spaccio di stupefacenti, alla prostituzione e allo sfruttamento delle richieste di elemosina, stando alle inchieste pubblicate sul Carlino, non c’è altra indicazione.

Insomma, si comincia con le opinioni di un tizio (sempre secondo l’inchiesta de L’Espresso) vicino a Lealtà e Azione, si prosegue con una “mafia nigeriana” che avrebbe preso il posto di quella italiana dopo l’inchiesta Aemilia per poi finire al racket dell’elemosina e ad un sindaco di una città da 180.000 abitanti che chiama un vertice in prefettura proprio per affrontare l’emergenza del’argomento.

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Però qualcosa non torna. In fin dei conti non si arriva ad un accerchiamento politico come quello attuale (che sta facendo della povertà una colpa e della solidarietà un reato) senza dispositivi di propaganda ben oliati e integrati, a volte persino inconsapevoli e automatizzati. Non c’ bisogno di richiamare Joseph Goebbels per ricordarlo.

La criminalizzazione degli ultimi, infatti, è uno strumento propagandistico del capitalismo contemporaneo e uno dei più grossi successi del neoliberismo è stato indubbiamente quello di  riuscire a far passare il messaggio che la minaccia al benessere delle persone fosse rappresentata esclusivamente da chi occupa l’ultimo anello della catena sociale.

Un ragazzo che chiede l’elemosina fuori da un supermercato non è altro che la manifestazione più lampante di ciò che tutti i governi europei stanno tentando in ogni modo di mascherare, cioè la progressiva estinzione del modello sociale europeo e del welfare ad esso peculiare che era stato costruito a suon di lotte sociali, dal dopoguerra fino agli anni ’80 del secolo scorso.

Se dietro a questo ragazzo invece proietti l’ombra di una mafia, che magari avrebbe pure “sostituito etnicamente” quella interessata dal più grande processo per mafia mai tenuto nel Nord Italia e nel tuo territorio, allora anche il significato dietro a questa presenza, dietro a questa povertà cambia radicalmente. (Stesso discorso anche se con accenti molto diversi potrebbe valere pure per quei microfenomeni di spaccio, dei fornitori tanto per usare il lessico della polizia, se solo anche l’Italia abbandonasse l’ottusa e vetusta politica del proibizionismo e della  severa criminalizzazione delle droghe leggere – persino negli Usa la stanno legalizzando un po’ ovunque – mentre in città chiudono persino gli esercizi autorizzati.)  Ma senza le emergenze, senza queste ombre di criminalità organizzata (che attenzione non neghiamo  affatto, solo dubitiamo agiscano impunemente dietro a fenomeni tipo l’elemosina) allora anche queste tendenze a tematizzare le questioni sociali unicamente attraverso lessici e strategie punitive risulterebbero molto meno travolgenti e anche il  razzismo di Stato e la paura verso poveri e dei marginali molto meno contagiose.

Non si creerebbe in pratica quel sottosistema penale di polizia, come l’ha definito Luigi Ferrajoli, grazie al quale viene di fatto sospeso lo Stato di diritto per determinate categorie stigmatizzate come marginali, stranieri o attivisti politici.

Se dietro a un ragazzo nero che ti chiede due spiccioli fuori dal supermercato proietti la “mafia nigeriana” allora non vedi più il fallimento quasi ontologico del neoliberismo che l’esistenza stessa di quella persona ti suggerisce e rappresenta.

img-20190121-wa0002Se parli di ”emergenze” unicamente per  nascondere soluzioni che privano le persone della libertà e della dignità (accade in tutta Europo, video sopra), come successo recentemente a Roma, con la sindaca Raggi che ha proposto Trattamenti sanitari obbligatori (Tso) per i senza fissa dimora, gli accalappia “barboni”, dopo che in meno di tre mesi, nella città da lei governata, ne sono morti più di dieci per freddo, allora stai cercando semplicemente di allontanare un problema dai radar della comprensione umana.

Se fai o proponi i Tso ai senza fissa dimora per “salvarli” dal freddo così come multi chi chiede l’elemosina o li controlli con apposite task force antiaccattonaggio della polizia municipale per “liberarli” dal racket dell’elemosina stai in realtà semplicemente cercando di portare il problema al di fuori dei riflettori del centro cittadino ma non solo, di spazzarlo via da un contesto di diritto ad un’altro non ancora ben definito. In pratica, stai ammettendo che non potendo apertamente attuare una soluzione finale di stampo hitleriano – anche se idealmente la nostra società, a nostro avviso, si sta avvicinando terribilmente e sempre più pericolosamente all’accettazione anche di quel genere di “soluzioni” – allora hai bisogno di qualche stratagemma che ti criminalizzi un certo tipo di esistenza, assieme alla sua precarietà e alla sua marginalità, e quel tipo di espediente te l’ha offerto un tizio, lo scorso anno, presidente di un’associazione contro la pedofilia che, sempre secondo un’inchiesta de L’Espresso, sarebbe molto vicino ad sigla neonazista come Lealtà Azione.

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E chissà domani quali saranno i temi dell’imminente campagna elettorale in quel di Modena…