Francia, 19 maggio 2021 «Le problème de la police, c’est la justice!» Quant’è profondo l’abisso della “sinistra” europea?

Posted on 21 Maggio 2021

0



« Quant’è banale il male? » viene proprio da parafrasare una delle opere più importanti di Hannah Arendt e domandarsi esattamente questo ad osservare le posture e i segnali inequivocabili che certe derive politiche stanno assumendo in questo maggio 2021.

Fra una dichiarazione di un premier “socialista” spagnolo come Sanchez, un Enrico Letta che applaude Salvini ad una manifestazione congiunta sotto l’effige di uno stato colonialista come Israele e una “sinistra” francese che aderescisce ad un raduno di poliziotti davanti all’Assemblée Nationale nel quale viene messo direttamente in discussione lo “stato di diritto”, abbiamo il metro dell’eclissi definitiva di quella che un tempo si sarebbe chiamata sinistra europea e che oggi non è nient’altro che una poltiglia indistinta al servizio dell’unico duce della modernità, il mercato. Un “fascio di interessi compatto e monocromatico” come scrive giustamente Giovanni Iozzoli.

«Difenderemo i nostri confini ad ogni costo» tuonava solo pochi giorni fa il primo ministro del “governo più a sinistra d’Europa”, il“socialista” Pedro Sanchez, schierando i carri armati contro delle persone in mare, molte delle quali minorenni, giunte dal Marocco, attuando fra l’altro il più ampio e grave respingimento di massa della storia europea, mentre sulla spiaggia di Ceuta cominciavano a non arrivare più persone vive ma cadaveri.

Intanto, sui giornali italiani – gli stessi che hanno applaudito l’occupazione israeliana e le uccisioni dei palestinesi – le immagini di Ceuta venivano descritte con un linguaggio bellico e con parole tipo “assalto” o “invasione” mentre a violare le leggi nazionali, europee e internazionali erano esattamente gli stessi stati che le avevano sottoscritte (i respingimenti collettivi sarebbero formalmente illegali in Europa), ma si sa che “sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione” e i diritti umani, dei quali si parla tanto quando non sono rispettati fuori dai confini europei, non si coniugano troppo facilmente col regime razzista e di confinamento applicato proprio alle frontiere della stessa UE.

Pochi giorni prima, a Roma, il segretario dell’evoluzione di ciò che fu il più grande partito comunista dell’Europa occidentale, Enrico Letta, non solo manifestava assieme a Matteo Salvini e Giorgia Meloni solidarietà allo Stato di Israele – solidarietà cioé a uno Stato colonialista che da oltre 60 anni applica politiche di apartheid sulla pelle dei palestinesi, e che in quelle stesse ore mieteva nuovi morti 65, tra cui 16 minori e centinaia di feriti – ma applaudiva uno dei discorsi “interni” più pericolosi e infami degli ultimi mesi. Un discorso, quello applaudito del segretario del Pd, nel quale Salvini – lo stesso che qualche anno fa stringeva la mano all’attentatore di Macerata, Traini – attaccava i giovani delle “cosiddette seconde generazioni” accusandoli di essere portari d’odio e a rischio radicalizzazione.

Un messaggio chiaro e perfettamente calzante con un contesto nel quale, la quasi totalità dell’arco parlamentare italiano, in sostanza le “nostre” istituzioni, solidarizzavano con chi occupa territori altrui e con chi pratica l’apartheid facendo passare il carnefice per vittima e la vittima per carnefice. Un vecchio squallido adagio sempre in voga che tuttavia rifletteva alla perfezione, quanto ormai posizioni razziste, di apartheid e di legittimazione totale di pratiche coloniali ed estrattive riguardassero più da vicino anche le nostre città, le nostre strade e i nostri quartieri; come se le posture assunte in “politica estera” rispecchiassero alla perfezione le derive e le riserve di ciò che la peggiore classe dirigente della storia recente italiana ha in serbo per la sua popolazione, un sentore di giustizia economico-sociale ispirato palesemente allo sceriffo di Nottingham.

In questo maggio si registrano, in Europa, segnali inquietanti che rimbalzano di paese in paese. Chiaramente, la punta più avanzata di questo processo di “erdoganizzazione” europea lo esprime il paese che più di tutti, in questi ultimissimi anni, è stato attraversato da conflitti e da mobilitazioni sociali importanti contro la ristrutturazione capitalista in salsa neoliberale: la Francia dei Gilles jeune, delle mobilitazioni contro la loi travial e contro la legge sulla sécurité globale.

Nello specifico, questa settimana, il 19 maggio precisamente, davanti al parlamento francese è accaduto qualcosa di estremamente grave e sono state pronunciate parole che dovrebbero farci riflettere parecchio anche qua in Italia, soprattutto al buio del securitarismo cronico di cui è affetta anche la penisola. Pochi giorni fa, infatti, davanti all’Assemblée Nationale una “santa alleanza” capitanata da sindacati di polizia di estrema destra e suguita a ruota praticamente dalla quasi totalità della classe politica transalpina, ha attaccato direttamente uno pilastri principali dello “stato di diritto”: la separazione dei poteri. Quel genere di cosa cioé che solitamente separano le democrazie dai regimi autoritari e dalle dittature.

«Le problème de la police c’est la justice»

«La police doit avoir un droit de regard sur la justice»

«Les digues céderont, c’est à dire les contraintes de la Constitution, de la loi ».

A domandare dal palco di far cadere gli argini e i paletti della Costituzione e della legge, pochi giorni fa a Parigi, non sono stati cittadini qualsiasi ma i principali rappresentati delle forze dell’ordine sostenuti praticamente da tutti i partiti con l’ecceione di La France Insoumise. Prendiamo da qua:

Proprio oggi, 19 maggio, Parigi sarà teatro di una manifestazione dai tratti surreali se non proprio terroristici se si considera la tendenza eversiva della subcultura egemone in settori ampi di chi lavora in divisa: i sindacati di polizia, infatti, hanno indetto una manifestazione davanti all’Assemblea Nazionale, alla quale i politici di tutti gli schieramenti – non solo il controverso Darmanin, ministro dell’Interno – intendono unirsi. Compreso il segretario dell’ectoplasma del Pcf. I principali leader delle due forze storiche della sinistra francese, il Partito Socialista (PS) e il Partito Comunista (PC), Olivier Faure e Fabien Roussel, a cui presto si unirà l’ecologista Yannick Jadot , hanno infatti annunciato la loro partecipazione alla manifestazione, chiaramente non trovando nulla di male in questa pressione poliziesca sul potere legislativo. […] Insomma oggi, uno degli articoli della prima Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino potrebbe diventare carta straccia proprio nel paese in cui si affermava nel 1789: “La garanzia dei diritti dell’Uomo e del Cittadino richiede una forza pubblica, questa forza è dunque istituita a beneficio di tutti, e non per l’utilità particolare di coloro ai quali è affidata”. «In altre parole: la polizia non può fare la legge; è al servizio dei cittadini e solo di loro, dei loro diritti e delle loro libertà; la sua missione primaria è quella di essere un guardiano della pace a beneficio di tutta la popolazione e non di ridursi a una forza per mantenere l’ordine a solo beneficio del potere in carica. La Repubblica non è al servizio della polizia. Al contrario, spetta alla polizia sottomettersi alla Repubblica, alle sue leggi fondamentali, ai suoi testi fondatori, ai principi e ai valori che essi enunciano», così commentano Edwy Plenel ed Ellen Salvi su Mediapart in un pezzo molto interessante a proposito dell’escalation di pressione poliziesca sulla rappresentanza nazionale.

A tal riguardo rietniamo sia piuttosto significativo un thread di @Nantes_Revoltee che proponiamo per intero:

In Francia abbiamo la polizia più armata e più violenta d’Europa. Si contano a decine i morti durante gli interventi della polizia, i mutilati a centinaia, i feriti e i traumatizzati a migliaia. Un bilancio di guerra, in qualche anno soltanto. E l’impunità totale, assoluta, sbalorditiva. Abbiamo in Francia una forza di polizia che annuncia che voterà al 70% per l’estrema destra e che manifesta illegalmente armata per le strade. Una forza di polizia che si autonomizza, che detta la sua legge, che terrorizza. Di fronte a uno scenario così terrificante, cosa sta facendo la sinistra? Cerca di opporsi allo Stato di Polizia nascente? Di resistere all’onnipotenza delle forze dell’ordine? Di opporsi al fascismo che monta? Niente di tutto ciò: decide semplicemente di iaccelerare il processo. Questo mercoledì, il Partito Comunista, il Partito Socialista e gli Ecologisti marceranno quindi con Le Pen e Darmanin in una manifestazione di estrema destra organizzata dalla polizia per fare pressione sul Parlamento. Uno scenario pre-fascista, che ricorda il periodo fra le due guerre. Con la differenza che, negli anni ’30, la sinistra era riuscita a riunirsi contro l’ascesa dell’estrema destra e del fascismo. Oggi invece ne copia le parole, le idee, le pratiche e il programma accompagnandole al potere.

Operazione di propaganda.

Il pretesto per questa dimostrazione di forza? La “violenza” contro le forze dell’ordine e il “malessere” della professione. Tuttavia, basta guardare le statistiche ufficiali per vedere che il numero di agenti di polizia uccisi in servizio non ha mai smesso di diminuire: una quarantina all’anno, negli anni ’80, una decina l’anno dagli anni 2000 – parte dei quali causati da incidenti – e meno di 5 l’anno scorso. In confronto, più di 12 persone sono state uccise dalla polizia francese solo durante i primi 2 mesi del lockdown. Più di 500 persone muoiono sul lavoro ogni anno e più di 30.000 rimangono gravemente ferite in incidenti sul lavoro. Uno studio mostra che la disoccupazione provoca la morte di 14.000 persone all’anno in Francia. Più di 40.000 morti, invece, sono attribuibili ogni anno all’inquinamento atmosferico. Il fatto di martellare le menti fino alla nausea, mattina, mezzogiorno e sera, sul “malessere della polizia” oscurando tutto il resto è un’opera di propaganda pura e semplice. Si tratta, in realtà, di rafforzare ulteriormente la repressione e di dare ancora più carta bianca alle violenze dello Stato. La partecipazione della sinistra a questa operazione è una collaborazione criminale. Unica eccezione di nota: France Insoumise, che tiene il timone dritto nella tempesta. Certo, il partito offre un programma moderato, ma rimane molto meno preoccupante della Sacra Unione del resto della sinistra dietro a Le Pen e Darmanin. Il sindacalista di polizia David Le Bars si è persino permesso di annunciare su BFMTV che i politici che non hanno partecipato alla manifestazione “dovranno assumersene” le conseguenze. Una minaccia esplicita contro France Insoumise e le rare personalità che non hanno ceduto completamente al ricatto autoritario.

L’antitesi dei Gilets jeune

I leader della sinistra che oggi manifestano con l’estrema destra sono stati i primi a diffamare e sporcare il movimento popolare dei Gilets Jaunes, qualificandolo come “populista”, “poujadista” o addirittura di estrema destra. (vedi movimento NoTav da noi n.d.r.) Tali scopini da bagno, incapaci di riconoscere un’autentica rivolta sociale, finiscono nel bacino del fascismo. In un certo senso, il ringhiare della polizia è l’esatta antitesi dei Gilets Jaunes: i primi sono supportati da tutta la classe politica e mediatica, dal PCF al Front National, senza avere alcun appoggio di base o popolare. I secondi sono stati invece calunniati, repressi e abbandonati da tutti, ma hanno tenuto duro perché si trattava di una rabbia profonda, sostenuta e condivisa da gran parte della popolazione.

Distruggere la sinistra

Tuttavia, dovremmo sorprenderci nel vedere la sinistra sostenere il processo autoritario e reazionario in corso? La storia insegna. I funzionari della sinistra francese votarono in modo schiacciante i pieni poteri al maresciallo Pétain nel 1940, dopo aver lasciato morire la Repubblica spagnola, schiacciata dai fascisti ed aver messo nei campi di concentramneto i profughi spagnoli. Dopo la guerra, fu un ministro socialista, Jules Moch, a ordinare ai CRS di aprire il fuoco sugli scioperanti nel 1947. Durante la guerra d’Algeria, François Mitterrand, amico del funzionario pétainista René Bousquet, organizzò la repressione degli oppositori politici e rafforzò, per decreto, lo stato di emergenza dichiarato nel 1955. Vengono istituiti i Centres d’Assignation à Résidence Surveillée per internare i militanti algerini. Successivamente, nel 1981, fu lo stesso Mitterand a creare i Centri di Detenzione Amministrativa, gestiti dalla polizia, dove venivano rinchiusi gli esiliati, uomini, donne e bambini. È il socialista Lionel Jospin che legalizza i test del AND, test oggi generalizzati. Dal 2012, è stato il Partito Socialista che ha dato l’assalto alla ZAD di Notre-Dame-des-Landes con dispositivi eccezionali e che ha ucciso Rémi Fraisse nel 2014. È il Parrtito Socialista che generalizza il famoso LBD, che militarizza le forze di polizia, che schiaccia con la forza il movimento sociale contro la «Loi Travail». Lo stato di emergenza, ormai permanente, e le leggi di sorveglianza generale, sono anch’esse del Partito Socialista di Manuel Valls. (sembra di di vedere in controluce il Pd di Minniti o il Pds di Violante n.d.r.) Ai traditori e ai becchini della speranza non resta che la polizia. Il ruolo storico del Partito Socialista è sempre stato quello di rafforzare gli arsenali securitari che verrà poi completati dalla destra. In definitiva non c’è alcuna “svolta securitaria” per questa sinistra, che perpetua solo la lunga e sanguinosa tradizione dei suoi predecessori. Peggio ancora, gli attacchi compiuti dalla sinistra al potere avvengono tra l’apatia generale e il crollo dei pesi e contrappesi. Peggio della destra. Ora sappiamo che anche quando non è al potere, questa sinistra comunista, socialista e ambientalista sceglie di fare blocco con l’estrema destra, dietro gli stendardi dello Stato di polizia. Ciò che resta di questo piccolo mondo politico è cadaverico e morente.

Diventa urgente e necessario finirlo.

Parole e necessità che ci paiono molto calzanti anche per la cosiddetta “sinistra” italiana.