
“Tutte le città italiane puntano ad allestire un salotto buono a traffico limitato, con almeno tre quattro vie riservate al passeggio, edifici artistici, muri educati, polveri sotto controllo, musicisti di strada purché pittoreschi, spaccio di droga purché senza risse, divertimento ma niente schiamazzi, portafogli gonfi ma niente mendicanti, botteghe di lusso, gastronomia d’eccellenza, decoro, ordine e disciplina. Oltre le mura di Mastro Lindo, vive una città invisibile, che accende fiammate d’attenzione solo con la miccia dei “gravi episodi”.
Il sentiero luminoso, Wu Ming 2
Uno di questi “gravi episodi” lo abbiamo vissuto pure noi, qua a Modena, nel maggio scorso. La chiamano “legalità”, assomiglia a un’occupazione militare. Arrivano all’alba, forse un centinaio o giù di lì, bloccano un’intera quadra del centro cittadino con gli automezzi, si esce e si entra tramite check point (giornalisti compresi) non si passa, tutta la zona è sigillata agli sguardi indiscreti, ai testimoni verrebbe da dire.
Come i nazisti settant’anni or sono, poi, iniziano le operazioni di sgombero. Un paragone questo che potrebbe sembrare affrettato, superficiale; perlomeno a tutti coloro che quella mattina non erano lì o che non hanno mai avuto modo di parlare con gli sgomberati. Poco tempo dopo ci capiterà di parlare con persone che abitavano nelle vicinanze e che assistettero alle operazioni. Il primo pensiero fu per tutti lo stesso, che si trattasse di un’operazione antiterrorismo in grande stile, proprio sotto casa. Dalle immagini di Parigi o Bruxelles in televisione al pianerottolo di casa senza alcuna discontinuità. Si capirà lo spaesamento alla notizia che tutto quel dispiegamento di forze serviva unicamente per cacciare di casa una ottantina di persone, bambini compresi, in difficoltà economiche. Poi arriva la paura, badare bene parliamo di forze che non sono tanto gentili nelle loro azioni, il pianerottolo di casa tanto familiare, diventa precluso. Scelgono gli uomini in divisa se potete uscire di casa o meno, passare da quella via oppure no. La città e il quartiere diventano loro, sotto la loro totale arbitrarietà e quella strana sensazione di impotenza vissuta, di essere completamente inermi, alla mercé di estranei in uniforme, perché saranno pure in uniforme ma quelle facce sono estranee e lo esprimono chiaramente dietro a un sorrisino o ad un volto inespressivo che lascia intendere:“è così e basta”, “non rompere i coglioni”, ecco, tutto questo lascia delle tracce. Si scherza e si sdrammatizza ma poi si fanno riferimenti ad Anna Frank, segno che quel tipo di “paragone” non era così campato in aria. Certo, esiste almeno una sostanziale differenza, vale a dire, che allora c’era una guerra, Mondiale, mentre oggi questa condizione è del tutto assente. Ma una guerra c’è tutt’ora, di tipo diverso, sotterranea, inesorabile e quotidiana. E’ una guerra alla povertà, alla marginalità.
Ma perché torna a bussare alla porta questa storia modenese degli sgomberi dell’11 maggio? Per due motivi. Il primo è presto detto, cioè lo sgombero dell’occupazione abitativa di via De Maria, nel quartiere Bolognina, a Bologna avvenuto questo martedì 11. Troppe le similitudini, dalle regole d’ingaggio alla dinamica dell’accaduto, dall’arrivare all’alba circondando un intero quartiere fino alla dose di ferocia dispensata nell’attuarlo.
Dal diritto di cronaca sospeso (leggere qua) fino al bloccare le ambulanze e i mezzi di soccorso (qua), successe anche a Modena, purtroppo. Un intero quadrante della città militarizzato, con pendolari a cui è stato impedito di raggiungere la stazione e persone con tesserino di invalidità che non hanno potuto muoversi liberamente all’interno di un poliambulatorio. Cronisti, fotografi e cameraman tenuti a notevole distanza, tanto che perfino il solitamente cauto Ordine dei giornalisti si è trovato costretto a intervenire. Cariche in strada e comportamenti violenti all’interno dello stabile, come testimoniato dagli occupanti ma anche da altri testimoni. Famiglie che, dopo aver avuto per due anni e mezzo una vera casa, sono state sbattute fuori con la prospettiva di una “accoglienza temporanea” in albergo, o in dormitorio per i single. Questo è stato lo sgombero del Condominio sociale di via de Maria. (qua)
Queste sono le prassi di un potere tanto feroce quanto vigliacco. Così mentre un presidente del quartiere Navile, Daniele Ara, si preoccupa del traffico o di chissà che altro con discreto tatto, un neo-assessore alla Casa del Comune di Bologna, Virginia Gieri, può permettersi di dire che “le persone sono uscite serenamente” dall’edificio sgomberato. Ovviamente non è così e quel “serenamente” in tempi renziani assume tutti i sinistri contorni di chi ti dice “stai sereno” appena prima di pugnalarti alle spalle. Un covo di vipere sarebbe preferibile al contatto con certa gente targata PD!
E’ la fanfara della “legalità”a risuonare in tutto il Paese. Due giorni dopo toccherà al Corto Circuito a Roma, un luogo occupato da 26 anni, dal ’90 del millennio scorso, nel quale si stava (ri)costruendo un edificio in maniera ecosostenibile poi ancora a Torino, con barricate e lacrimogeni. Una “legalità” a senso unico e che marcia come un rullo compressore. Travolge tutto purché questo tutto stia in basso. E’ la parola d’ordine che magicamente riunisce attorno a sé ogni schieramento politico-elettorale, dalla Lega ai 5 Stelle, dal Pd a Forza Nuova e va a braccetto con i fratelli “decoro” e “sicurezza”. Un’allegra combriccola che pian piano sta erodendo i pochi spazi di agibilità politica rimasti in questo Paese. Tabula rasa con mano militare.

E questo è il fiore…
Il secondo motivo per il quale questo capitolo modenese dell’11 maggio è tornato a galla è un fatto che ha i contorni tra il nauseante e la pietà umana.
Quel giorno Francesca una ragazza di quindici anni venne colpita da un manganello tenuto appositamente al contrario, per fare più male, in piazzale Redecocca. Fu operata per quel colpo e per poco non perse l’occhio. Duole ammetterlo ma se quel giorno non ci fosse stato il ferimento di Francesca difficilmente la città avrebbe compreso ciò che stava realmente succedendo. Quella violenza scosse le coscienze di una città di provincia, mediamente benestante non tanto abituata a distogliere lo sguardo quanto totalmente a digiuno di quel respiro politico che non si associ immediatamente all’ordinaria amministrazione quotidiana.
Bene con sprezzo del ridicolo e con una sostanziale quota di infamia, oggi Francesca risulta segnalata e indagata dalla Procura dei Minori di Bologna per resistenza, violenza, oltraggio e lesioni a pubblico ufficiale. Nonostante l’esistenza di più video, tutti chiarissimi (nel video sopra dal minuto 8.50 in poi) circa la dinamica dei fatti ci si ostina ad indagare la vittima per violenza su se stessa. Questa è la cifra della “legalità” di questo Paese, un Paese nel quale Stefano Cucchi è morto di epilessia, Magherini per intossicazione e a Piacenza, quando morì Abd Elsalam, non era in corso alcuno sciopero.
Un Paese pericoloso. Dolcissimo con mafiosi e pre-potenti, durissimo con chi lotta ogni giorno per renderlo un luogo migliore. Prescrizioni e sguardi distratti per i primi, teoremi e canagliate per i secondi. La feccia della “legalità”.
Qui, sotto il gazebo, ci si attrezza per il freddo, in previsione di una resistenza che si allunga, ma che non ci spaventa né ci coglierà impreparati. Da questo popolo buono emerge la gentilezza di chi porta doni e la caparbietà di quanti non si adeguano e non cadranno nello scoramento delle attese interminabili. I palazzi del potere nulla sanno della lotta umile e tenace per l’esistenza quotidiana, né conoscono la vita insopprimibile delle radici che sopravvivono al tempo e ai disastri, pronte a ridare germogli e frutti nella primavera che verrà.
Nicoletta Dosio
Posted on 14 ottobre 2016
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