Modena, nella morsa tra nuovo cemento e “rigenerazione”.

Posted on 12 luglio 2018

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Firenze, giugno 2018. Dario Nardella, sindaco della città, nonché grottesca figura sulla quale precipitano e trovano compimento le principali derive dell’incrocio transgenico tra Partito Democratico, renzismo, neoliberismo e quel razzismo tipico della jeunesse dorée, inaugura in pompa magna un nuovo hotel per studenti (dorati anch’essi) dichiarando: la città sta cambiando pelle, più moderna, creativa, aperta al mondo.

 

Dietro agli slogan però si cela, nemmeno troppo nascosta, anzi sbandierata apertamente, un visione di città che è bene tenere a mente. Un cambio di pelle vero e proprio.

Wolf

Ai primi di luglio, esce su Giap un interessantissimo articolo-inchiesta di Wolf Bukowski che analizza “lo sbarco” di questo stesso hotel (The Student Hotel ad oggi 4.400 stanze in 11 località in Europa e che entro il 2021 dovrebbe aprire più di una decina di strutture pure in Italia)  a Bologna. Qua però è il luogo sul quale dovrebbe sorgere tale resort a balzare subito agli occhi.

extelecom

Si tratta infatti degli stabili dell’Ex- Telecom di Bologna luogo nel quale avevano trovato una casa più di trecento persone a seguito di un’occupazione compiuta assieme a Social Log e sgomberato brutalmente (parliamo di decine di famiglie e un centinaio di minori), nell’ottobre del 2015, dagli afflati di una governance sempre più maleodorante e in puzza di fascismo.

Famiglie povere espulse a suon di manganelli e “riqualificazioni” ad uso e consumo della “gioventù dorata”, l’unica in grado di attrarre ormai le attenzioni non solo del capitale ma anche dell’intera sfera della gestione pubblica.

 

La città cambia pelle.

ExcaseremaUno studentato. Dove l’avevamo già sentita questa proposta? Sebbene con caratteristiche molto diverse, la notizia dell’apertura dei due Student Hotel, sopratutto quello di Bologna, non poteva che far riaffiorare a Modena la storia recente e mai sopita dell’Ex Caserma Sant’Eufemia e del suo sgombero, avvenuto l’11 maggio 2016, vero e proprio spartiacque delle dimensioni di un macigno per la coscienza civile della città. Una storia che non abbiamo alcuna difficoltà a definire come vetta della politica (con la P maiuscola) cittadina degli ultimi dieci anni. Una storia di riscatto, di “rigenerazione urbana” di quelle che partivano dai bisogni delle persone e non esclusivamente da quelli immobiliari, una storia di “disvelamento”, di resistenza, di partecipazione, di condivisione e di innovazione che andava oltre alla solita dimensione edilizia. Una pelle diversa, sostenibile e solidale ma in netto contrasto coi poteri che oggi hanno in mano chiavi e sorti della/e città.

Perché, diciamocelo, qualcuno a Modena c’era pure riuscito a toccarlo con mano il cosiddetto “cambiamento”, come un’utopia che ad un tratto diventava possibile solo per il fatto di aver osato, di aver allungato la mano e di averlo sfiorato quel futuro immediatamente nostalgico perché finalmente riconquistabile ed estendibile umanamente.

L’essere sfuggiti, almeno per un momento, alla catena di montaggio del nemico, del capitale e della paura, l’aver coltivato la sospensione da quella routine non è qualcosa che si può sostituire facilmente con dei surrogati che parlano in termini di capitale relazionale, integrazione, cogestione e di governance policentrica. 

Quell’utopia tuttavia è stata assassinata definitivamente l’11 maggio 2016 ed oggi quegli stabili abbandonati, dopo essere stati presidiati 24 ore su 24 da guardie giurate, attendono ancora una loro possibile “riqualificazione”, oltre a quelle paventate ed applaudite da Azione Universitaria.

Ma l’Ex Caserma di proprietà della Cassa Depositi e Prestiti non è di certo l’unico  progetto di “rigenerazione urbana” che abbiamo in città, anzi, forse è proprio tra gli ultimi. Dopo i brillanti successi delle “riqualificazioni” della premiata ditta Sitta-Pighi, con le grandi imprese edili del Novi Park e dell’Ex Manifattura Tabacchi “salvata” dall’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, in città i progetti non mancano di certo.

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Così a Modena abbiamo, da un lato nuove cubature di cemento da assicurare ai costruttori – Vaciglio ma non solo anche i progetti edilizi di via Fratelli Rosselli e Santa Caterina – dall’altro progetti di “riqualificazione” che poi altro non sono che la maschera indossata per travisare più agevolmente interventi speculativi. È il modello di città neoliberista che, oltre a divorarsi quel poco di campagna rimasta ai confini della città sfiora la bulimia nel tentativo di ri-conquistare anche quei luoghi, solitamente vicini al centro, più appetibili per la rendita fondiaria, consegnando di fatto i poteri pubblici alle alle istanze di quelli privati.

Oggi, in città, a tenere banco è indubbiamente la “rigenerazione” del complesso dell’Ex Amcm per il quale sono previsti l’immancabile supermercato e una sessantina d’alloggi con finiture di pregio. Ma abbiamo anche l’eterna vicenda dell’ex Sant’Agostino ai cui assegnatari dei lavori di demolizione e costruzione – a metà tra Sicrea e l’onnipresente Cmb – Muzzarelli avrebbe promesso uno sblocco entro settembre, ottobre. (Info Resto del Carlino 12/07/18).

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A noi “analfabeti” di urbanistica, a sentire tutto questo, salta subito in mente l’immagine “dell’ultima rigenerazione” compiuta della città, vale a dire, il complesso del Centro Ferriere a fianco al cavalcavia della Maserati. Due futuriste torri (vuote) che svettano all’assalto del cielo e che venendo da bologna lungo la via Emilia quasi si vedono prima della Ghirlandina [sigh!]. Una gigantesca scritta Trankwalder su una di queste che sembra quasi un monito, una pubblicità progresso messa lì a ricordarci che l’obsolescenza programmata pare non riguardare esclusivamente i piccoli oggetti quotidiani e che la filosofia profondamente usa e getta di questi tempi interessi anche la dimensione urbana – per la cronaca, la Trankwalder (grande azienda fornitrice di lavoro interinale) è fallita lo scorso anno senza contare il mancato versamento dei contributi Irpef e Inps ai propri dipendenti per un totale di oltre 30 milioni di euro [sigh!]. tr A completare l’opera di “rigenerazione”: un negozio Euronics, un supermercato biologico dai prezzi non esattamente popolari e un locale stile america anni ’60; vigilanza privata e telecamere, il tutto in quell’atmosfera tipicamente posticcia che ammanta inevitabilmente le aree commerciali di nuovo conio.

«Questo è un posto strategico sei praticamente in centro e a due passi di distanza hai il Museo Enzo Ferrari – la speranza è che questa zona possa diventare la nuova ‘galleria all’aperto’ del centro» raccontava al Carlino il titolare di un bar della zona nel 2014. Ora, banalmente, ci viene da pensare che nonostante i vari sforzi – non hanno mai badato né ascoltato la città ma ne progettavano almeno due – una Modena da 230mila abitanti fantasticava il piano Sitta (ex assessore all’urbanistica) – un universo parallelo fatto di cemento impastato alla finanza coi soldi dei cittadini – Modena non sia Barcellona e se “riempi” da una parte vai inesorabilmente a “svuotare” dall’altra, perché sì il turismo aumenta in città (e anche qua si dovrebbe aprire un capitolo a parte) ma non possiamo certo fingere che basti a sostituire la domanda locale. Forse, suggeriamo sommessamente, risiede proprio qua il problema; nel fatto che fabbricare lo spazio urbano sia indubbiamente molto più semplice che creare quel certo tipo materiale umano (con determinati bisogni, un certo portafoglio e perché no, una barba curata e ricercata almeno quanto il vestiario) che la città neoliberista desidera e invoca a braccia aperte. Un po’ come fa Nardella con The Student Hotel per intenderci.

Per tutti gli altri abbiamo i Daspo urbani, la “tolleranza zero”, una “legalità” sempre più idealizzata ed irrealistica, progetti assistenziali che traslano dal concetto del diritto ad una logica più strettamente punitiva e disciplinante o le retoriche sul “decoro” che assomigliano tanto a un igienismo sociale del portafoglio o a un’eugenetica del marciapiede.

In pratica attraverso la pianificazione urbanistica le città stabiliscono le zone di intervento sulle quali, di volta in volta, si pensa sia possibile inseguire il maggior profitto, delegando poi agli investitori privati il compito di portare a termine concretamente i progetti di “rigenerazione”.

 

La lingua del nemico.

Risorse, buonisti, radical chic la lingua del nemico è facile da individuare peccato che, ultimamente, essa si nasconda anche negli interstizi di un lessico più familiare beni comuni, partecipazione, rigenerazione risemantizzandolo per modellarlo meglio agli interessi del Capitale.

consumo suoloÈ ciò che sta accadendo anche a Modena, non a caso si utilizza la foglia di fico del bosco urbano per caratterizzare la costruzione di 550 nuovi appartamenti a Vaciglio e la “svolta” dell’amministrazione comunale è diventata immediatamente green dopo la nomina dell’assessore Filippi e la decisione di lanciare l’Avviso pubblico di manifestazione d’interesse che recepisce i contenuti della nuova legge urbanistica regionale. In una città nella quale un’opposizione vera e propria è totalmente assente e con dei vuoti politici che verranno riempiti di atri vuoti a perdere rintracciabili in quei soggetti che si candideranno presto alla successione della gestione della città senza intaccare minimamente i rapporti con quei poteri che oggi la controllano, persino una rielezione di Muzzarelli potrebbe diventare un’ipotesi alquanto credibile.

rigenerazioneSIPrendiamo da qua: ” «Quello della rigenerazione urbana è un mantra molto pericoloso per come l’hanno declinato qua e per come l’hanno individuato come tema centrale per una pessima legge urbanistica, che ha visto la luce pochi mesi fa», racconta Rocchi. «La nuova legge urbanistica dell’Emilia-Romagna parte dal presupposto, uno specchietto per le allodole, dello stop al consumo di suolo, ma ci sono decine e decine di casi in cui lo puoi aggirare. Di più, viene tolta al Comune la capacità finanziaria di gestire i soldi che provengono dai processi edilizi, e di fatto questo porterà a una crisi dei comuni. È stata semplificata in maniera ridicola la strumentazione urbanistica, tutta basata sugli accordi operativi: accordi diretti tra i privati e il comune, per cui chiunque voglia investire va dal Comune e presenta un progetto. Questo è diventato uno strumento urbanistico: è il trionfo dell’urbanistica contrattata. Per la prima volta nella storia dell’urbanistica italiana non c’è più neanche bisogno di fare delle previsioni urbanistiche. Per quei progetti di valorizzazione di aree dismesse il Comune prevede un premio dal 5 al 10% del valore dell’area. Qui non si tratta di semplificazione ma di agevolazione di progetti speculativi che si ritorcono contro la città. Chi guadagna è sempre il privato. È un disastro per il territorio. Dove c’è cattiva politica, c’è cattiva urbanistica, sempre.» Secondo Rocchi un antidoto ai progetti faraonici di rigenerazione urbana che producono soltanto sostituzione sociale e gentrificazione ci sarebbe: il riuso degli edifici vuoti a fini sociali e culturali, senza scopo di lucro. A oggi questo è possibile a Bologna, ma soltanto temporaneamente, fino a quando l’immobile non viene venduto.”

 Il riuso degli edifici vuoti a fini sociali e culturali, senza scopo di lucro guarda caso sono esperienze che hanno avuto luogo negli ultimi anni a Modena peccato siano state tutte sgomberate con l’intervento della celere. Capitale relazionale, integrazione, cogestione, governance policentrica, strano, alle volte ci si fa persino  il callo al linguaggio del “nemico”…

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Ad ogni modo di questi temi, in città, se ne discuterà domani all’iniziativa organizzata dal Collettivo Guernica con Wolf Bukowski e Laboratorio Crash, prima tappa della rassegna “Carteria in festa: il festival dell’autogestione!”

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Il sacco di Modena: tra rigenerazione e speculazione…a noi cosa resta?

Quaranta chilometri, la via Emilia e un modello di sviluppo della città tutto incentrato su grandi eventi, grandi imprese, nuove colate di cemento e fantasmagorici progetti di “rigenerazione” urbana totalmente estranei ai bisogni della città, questo unisce Modena a Bologna.

Si potrebbe tranquillamente sovrapporre i Prati di Caprara a Vaciglio o lo sgombero dell’Ex Telecom e i progetti che la riguardano a quelli che dovrebbero interessare l’Ex Caserma Sant’Eufemia solo per citare alcuni esempi e senza toccare la smania di centri commerciali in ogni dove o di supermercati di megadimensioni che accomuna le due città.

Nuove cementificazioni da una parte e “rigenerazione” dall’altra con quest’ultima che rappresenterà il core business dei prossimi anni. Ma di cosa si tratta esattamente? Quali sono le dinamiche, i “meccanismi” che vi stanno dietro a questa “svolta” rigenerativa? Chi ci guadagna e chi ha da perderci in questo modello di città?

Di questi processi e dei loro funzionamenti tenteremo di parlare assieme al Laboratorio Crash di Bologna e Wolf Bukowski.

Non mancate.