
“La formula del male minore, del meno peggio non è altro dunque, che la forma che assume il processo di adattamento a un movimento storicamente regressivo, movimento di cui una forza audacemente efficiente guida lo svolgimento, mentre le forze antagonistiche (o meglio, i capi di esse) sono decise a capitolare progressivamente, a piccole tappe e non di un solo colpo…”
Antonio Gramsci
Questo breve testo (più per futura memoria che per altro) è da deglutire tutto d’un fiato e da leggere accompagnato a questo.

Carlo Calenda, il volto principale della campana per le europee del Pd, quello secondo il quale il motto fascista “Dio, patria e famiglia” rappresenterebbe uno dei pilastri dell’essere umano.
Milano, 16 ottobre 1922.
Benito Mussolini coglie lo sguardo e sorride. L’intesa tra i due uomini è perfetta.
La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai generali.Quelli non hanno doppiezze di pensiero, quelli non sanno pensare, non distinguono tra la guerra e la guerra psicologica, la minaccia della violenza dalla violenza. Invece bisogna fare “come se”, è tutta una filosofia del “come se”… Proclamare, mobilitarsi, armare, ammazzare anche un poco e poi… poi fingere di marciare marciando per davvero. O viceversa, scegliete voi. Si tratta, in ogni caso, di fanfare, strepiti, inni, di qualche chiazza di sangue, si tratta di una finzione che per essere creduta vera richiede un eccesso di realtà. Ogni grande atto è, in fondo, nella migliore delle ipotesi, un simbolo. Della peggiore, meglio non parlarne nemmeno.
“Ora o mai più.” Glie lo ha scritto in una lettera riservata il grande Pareto da Ginevra. Poi, però, l’insigne studioso ha anche aggiunto: “Gli italiani amano le grandi parole e i fatti piccoli.”
Il fascismo è una rivoluzione, d’accordo, ma bisogna evitare di mettere tutto in gioco. Qualche punto fermo bisogna pur lasciarlo, evitare assolutamente che tutto crolli. Altrimenti alle ondate di entusiasmo del primo tempo succederanno le ondate di panico del secondo. Una barbarie temperata. Ecco… questo ci vuole per la conquista del potere: una barbarie temperata.
Siamo alla vigilia della Marcia su Roma, nell’ultimo romanzo di Scurati*.
Adesso torniamo per un secondo al qui e ora.

Funziona così: la Gazzetta lancia il topic della “città devastata” e, tempo due minuti, questo rimbalza già sulle bacheche social del Ministro Salvini.
Forse non ve n’eravate nemmeno accorti, ma Salvini non è entrato a gamba tesa il giorno della Liberazione all’interno della campagna elettorale cittadina. Lo aveva già fatto a metà aprile, con l’editto sui questori-podestà, ed è da allora che sui social risponde a distanza a Muzzarelli.
A Modena sarebbe venuto ugualmente, perché chi voterà Lega, in città, voterà Salvini non Prampolini. Questo per dire che per capire in maniera sufficiente i processi occorre prima distinguere i fenomeni dagli epifenomeni e non confonderli uno con l’altro. L’arrivo di Salvini in città (verrà il 3 maggio) non è né causa né effetto della manifestazione di giovedì pomeriggio.
Inutile girarci intorno, il corteo contro il Cpr e il razzismo di Stato è stato lo specchio più fedele per smascherare e per riflettere gli umori della città e la sua ipocrisia più profonda. Spiace dirlo, ma Modena si sarebbe indignata meno se a manifestare per il 25 aprile fossero stati direttamente quelli di Terra dei Padri e il circo Barnum di commenti esacerbati che sì è scatenato in questi giorni non fa che confermarlo.
Pure tutto ciò che stiamo vivendo in queste ore a Modena è già successo. Muzzarelli che ripulisce la città al tempo di record dalla “barbarie” degli anarchici è il Pisapia delle spugnette che ripulirono Milano dopo il fallimentare Primo Maggio No Expo del 2015.
E lasciamo pure perdere le inchieste che, a distanza di appena un anno, accertarono le infiltrazioni mafiose e il riciclaggio su quegli appalti. Tutte cose che i manifestanti di quella giornata denunciarono eccome ma che non seppero comunicare adeguatamente. Perché, a quanto pare, gli ‘eccessi di realtà’, di questi tempi, se prodotti dalla ‘nostra parte’ sono soltanto causa di buchi nell’acqua in un mare di ragioni.
Oggi però c’è di più. C’è un sindaco che attacca Salvini (e la questura) per aver autorizzato un corteo contro il Cpr che ha “devastato” la città non devastandola.
C’è una sinistra politica (termine ormai vuoto e privo di senso) cittadina che si accorge del ruolo politico della questura giusto ora che è stato inficiato il decoro della città, mentre prima, quando quest’ultima giocava a fare l’agenzia Pinkerton per le aziende del territorio o caricava brutalmente tanto in Redecocca quanto in largo porta Bologna, non c’era nulla da segnalare o da eccepire.
Salvini sorride e arriva in città per la campagna elettorale.
Così, mentre il palcoscenico di tutti i discorsi è il già suo, quaggiù ci si accalora ancora con domande vecchie e con discussioni trapassate perché “gli italiani amano le grandi parole e i fatti piccoli” e la città è stata “devastata”.
Posted on 27 aprile 2019
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