
Don’t want a nation under the new media
And can you hear the sound of hysteria?
The subliminal mind fuck America.
Welcome to a new kind of tension
All across the alienation
Where everything isn’t meant to be okay
Ciò che a Modena si sta addensando, in questi ultimi giorni, intorno a viale Gramsci, in una collaudata sinergia fra istituzioni, comitati, “cittadini esasperati”, giornalisti e forze dell’ordine, ha dell’inquietante.
La scena è questa: il baracchino ambulante di una nota gelateria modenese si trasferisce per una sera all’imbocco di viale Gramsci, di fronte all’R-Nord, le persone scendo a comprare il gelato, le telecamere dell’informazione cittadina sono tutte presenti, è il “gelato anti-degrado” e va pubblicizzato il più possibile, qualcuno fa addirittura la diretta mentre tutt’intorno va in scena una fiera di volanti, sirene e luci lampeggianti.
Addirittura sulla Gazzetta, in un pezzo firmato da Stefano Totaro la serata viene descritta così: “L’altra sera, dalle 19 a notte fonda, in viale Gramsci e dintorni sembrava ci fosse un happening: decine di uomini in rappresentanza di tutte le divise cittadine, dalla polizia locale alla finanza, dai Nas di Parma ai militari con unità cinofile. E mentre auto e camionette spaziavano lungo il viale e in largo dall’R-Nord sino al Parco XXII Aprile, in mezzo dove c’erano sino a pochi giorni fa le panchine dello spaccio, si sono radunati anche decine di residenti, richiamati dalla presenza della gelateria mobile Slurp, fatta approdare in loco appositamente dal comitato dei residenti che si batte contro il degrado. In questo quadro la lotta all’illegalità si arricchita di alcuni nuovi tasselli. I carabinieri, coadiuvati dagli esperti del Nas, hanno passato al setaccio due kebab, un phone center e un money transfer, attività tutte sanzionati con 5 giorni di chiusura per violazione alle misure anticontagio. ”
È il 16 luglio e in quella stessa mattinata, tre rappresentati del locale comitato antidegrado di viale Gramsci vengono ricevuti con tutti gli onori dal Sindaco e dal Prefetto. Sono stati invitati a partecipare al Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Con loro, oltre al Sindaco e al Prefetto ci sono i principali referenti delle Forze dell’ordine, c’è il Questore Maurizio Agricola, i Comandanti provinciali dell’ Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza Col. Marco Pucciatti e col. Adriano D’Elia e il Presidente della Provincia Gian Domenico Tomei. Nulla di strano insomma, solo un importante riconoscimento istituzionale delle istanze portate avanti dal comitato denominato “Viale Gramsci e dintorni”. Lo stesso comitato che, nel 2017, organizzava “ronde contro prostitute e puscher” con tanto di servizi sui principali canali televisivi nazionali quali: Rai Uno, Rete 4, La7. Peccato solo che il “Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica” sia un organo consultivo per il coordinamento delle forze di polizia, normato dall’articolo 20 della legge 1º aprile 1981 n. 121, il quale non prevederebbe (a differenza di quanto riportato invece sul portale delle prefetture) l’allargamento della partecipazione anche a soggetti esterni all’amministrazione dello Stato.
“2. Il comitato è presieduto dal prefetto ed è composto dal questore, dal sindaco del comune capoluogo e dal presidente della provincia, dai comandanti provinciali dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, e del Corpo forestale dello Stato, nonché dai sindaci degli altri comuni interessati, quando devono trattarsi questioni riferibili ai rispettivi ambiti territoriali. 3. Ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché della prevenzione dei reati, il prefetto può chiamare a partecipare alle sedute del comitato le autorità locali di pubblica sicurezza e i responsabili delle amministrazioni dello Stato interessate ai problemi da trattare, con particolare riguardo ai responsabili dei competenti uffici dell’Amministrazione penitenziaria, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Corpo delle capitanerie di porto, e, d’intesa con il presidente della provincia o con il sindaco, i responsabili degli altri uffici delle Amministrazioni locali interessate o della polizia municipale. 4. Il prefetto può invitare alle stesse riunioni componenti dell’ordine giudiziario, d’intesa con il procuratore della Repubblica competente.”
Eppure a Modena sembra che sia sufficiente far parte di un comitato antidegrado per trovare spalancate tutte le porte istituzionali possibili e immaginabili, anche quelle delle stanze in cui si discute di ordine e sicurezza pubblica direttamente con i comandanti e i colonnelli delle forze dell’ordine. «Ora si aggiunge un gruppo di lavoro che si è appena riunito e ha dato risultanze tecniche da discutere in sede politica.» – Insomma, pare proprio, almeno stando a quello che ha dichiarato il Prefetto alla stampa, che i tre “rappresentanti” del comitato (Andrea Giordani, Marcello Costantino e Angelo Marati) ora siano parte integrante di un gruppo di lavoro costituito nell’ambito del “Patto Modena Sicura”.
La politica “arruola” dunque i “rappresentanti” del comitato di viale Gramsci e non lo si dovrebbe nemmeno spiegare il perché, questa situazione, risulti tanto anomala e anche un po’ inquietante, ma lo facciamo ugualmente. In città sono tanti i comitati che in questi anni hanno sollevato tematiche e problemi nei campi più diversi, dalla questioni ambientali a quelle solidali fino alla tutela delle marginalità, eppure nessuno di questi ha mai goduto di così tante attenzioni, di così tante carezze, da parte dei media (piccoli e grandi), dell’Amministrazione e delle propaggini dello Stato. Anzi, solitamente, se un comitato sollevava qualsiasi altro problema che non fosse quello della “sicurezza”, poteva bussare tutte le porte che voleva che tanto nessuno l’avrebbe mai ricevuto, manco l’usciere del Comune e la polizia, generalmente, veniva mandata a controllarlo e a marcarlo stretto stretto e non certo ad ascoltarlo o a servirlo.
Che succede dunque a Modena? Si tornano ad accendere semplicemente i riflettori sull’ennesima domanda di “sicurezza” che oscura tutto il resto, oppure c’è anche dell’altro?
Perché in fin dei conti il format lo conosciamo già alla perfezione, la sicurezza™ è un prodotto già collaudato, con attori già conosciuti e affermati, dinamiche già rodate ed un genere che sembra essere l’unico investimento redditizio a livello di consenso per un amministrazione a guida Pd che ha concimato la città a suon di “daspo urbani”, di “nuovi regolamenti di polizia urbana” e “controlli di vicinato”. Tutta roba che già da sola avrebbe dovuto essere considerata il grave sintomo di una progressiva fascistizzazione della città. (vedi qua⇓)
Ma andiamo con ordine. L’ennesima replica di questo show infinito scatta ovviamente con un pretesto. Un piccolo episodio di cronaca, grave finché si vuole (un accoltellamento con due feriti e con l’aggressore subito arrestato) ma pur sempre un fatto abbastanza marginale per una città con più di 180.000 abitanti. Nonostante ciò l’episodio rimbomba, dai media alla politica è un unico eco che fa da cassa di risonanza alla figura sempreverde del “cittadino esasperato”, col Partito Democratico che coglie la palla al balzo per tornare a domandare a gran voce, dopo la “sosta” Covid, che la Questura di Modena venga elevata in fascia A. E chi se ne frega se dalle parti di via Palatucci hanno già dato prova, anche recentemente, di non avere alcuna remora nell’effettuare qualche “piccola” deviazione dalla strada principale dello stato di diritto e dalla democrazia.
Le forze dell’ordine non si discutono. Le forze dell’ordine sono l’incarnazione del bene in lotta contro il male. Polizia e carabinieri rappresentano orami gli unici pilastri ideali sui quali il Pd potrebbe fondare la propria tarda e putrescenete idea di civiltà!
Esagerato? Prendiamo in prestito da un articolo di Stefano Totaro della Gazzetta: “Ora in viale Gramsci anche il sindaco e gli uomini della sua giunta si mettono a fare le sentinelle. […] Si piazzeranno proprio a pochi metri dalla zona calda, davanti a quelle panchine dove gli spacciatori attendono i clienti, dove i rivenditori come novelli “vu cumprà” della droga affiancano le auto dei residenti che si immettono per andare a casa bussando ai finestrini e chiedendo se vogliono acquistare qualcosa. Il primo ad essere sentinella, ad inaugurare il punto d’ascolto del Pd nella sede del circolo dem all’inizio di viale Gramsci, è stato ieri sera proprio il sindaco. Con lui, la sentinella d’onore, la pralamentare Giuditta Pini.”
Giuditta Pini, una persona che, fino a qualche hanno fa, era ben consapevole di quale fosse il “ruolo” giocato dai cosiddetti “cittadini esasperati” in determinati contesti urbani. Giuditta Pini che, a quanto pare, per servizio di partito, doveva fare pubblica ammenda verso la Questura di Modena per le giuste dichiarazioni rilasciate dopo l’inaudito arresto del fratello (arrestato, con tanto di irruzione in una sede sindacale, solo per aver filmato un’operazione di polizia, “portato in cella, denundato e umiliato”) avvenuto solo il mese precedente nonché per aver minacciato un’interrogazione parlamentare sull’intera vicenda. Insomma, esattamente quel genere di cose che in grego politichese viene definito “ricucire i rapporti”, “tornare in carreggiata”.
Ovviamente, dal punto d’ascolto “democratico” di viale Gramsci, uscirà la richiesta (già pronta e confezionata in precedenza) di “sperimentare un presidio mobile della polizia di stato, di rafforzare i controlli sugli esercizi commerciali (chiaramente quelli gestiti principalmente da stranieri N.d.r.) e di prevedere l’installazione di nuove telecamere” senza contare, chiaramente, la raccolta firme per elevare la questura in fascia A: “Sarà anche l’occasione per tornare a far partire la raccolta di firme, lanciata dal Pd, a sostegno della proposta di far passare la Questura di Modena in fascia superiore, provvedimento che significherebbe un organico maggiore e ulteriori competenze e strumentazioni a disposizione delle forze dell’ordine del territorio.” Quello che invece non è affatto ovvio è che (stando a ciò che riportano i giornali cittadini) in queste serate d’ascolto “democratico” partecipavano direttamente anche i sindacati di polizia. In pratica, la polizia che chiede maggiori investimenti per la polizia. Non fa una piega. Il tutto però cammuffato dalla maschera del civismo e della partecipazione.
Dopotutto era stato lo stesso Siulp, il principale sindacato della polizia di stato, a fare uscire un comunicato, a inizio luglio, intitolato “la rivolta degli spacciatori” nel quale si ribadiva la solita minestra securitaria trita e ritrita: “Quante volte il Siulp ha chiesto l’incremento dell’organico per la Polizia di Stato di Modena e provincia? – Abbiamo più volte chiesto il cambiamento di quelle tante, troppe norme che lasciano liberi i delinquenti nel giro di 24 ore, ma abbiamo avuto un’attenzione pari allo zero. – Ci siamo sgolati per chiedere l’elevazione di fascia della Questura – a beneficio dell’intera provincia – ma siamo stati ascoltati ancora meno.” Talmente inascoltati che a Modena non solo il Pd ma persino la Cgil domandava solo qualche mese fa più o meno le stesse cose. E ricordiamoci sempre che si sta parlando di una città nel cui carcere, a inizio marzo, sono morte 9 persone sulle quali è pesato, e pesa ancora, un silenzio istituzionale e mediatico gravissimo, inimmaginabile anche solo poco tempo fa, e che dovrebbe far riflettere a lungo sullo stato di salute di quei residui che ci ostiniamo ancora a chiamare democrazia.
A fine giugno infatti c’era stato l’altro “innesco” di quest’ “emergenza”. Un membro del comitato che, in pieno stile Brumotti, denunciava di essere stato inseguito e minacciato da dei puscher o da “verosimili spacciatori” come li definiva il comunicato del Siulp. Si accendono i riflettori. Il comitato consegna le 300 firme della petizione contro lo spaccio e viene ricevuto immediatamente dal sindaco Muzzarelli. Per fare un rapido confronto numerico, nell’estate del 2017 il comitato #mobastacemento, in poco tempo, di firme contro la cementificazione di Vaciglio ne raccolse più di 4.000, ma nessun sindaco, assessore, consigliere comunale o giovane democratico si sognò mai di prenderle in considerazione. Prima ancora, proprio all’inizio di quello stesso viale Gramsci, tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, vennero raccolte, in diverse giornate almeno, un migliaio di firme (firme vere) a sostegno dell’occupazione di via Bonacorsa e a richiesta di politiche abitative degne di questo nome per la città. Due petizioni in qualche modo collegate, cementificazione del territorio e politiche abitative, totalmente ignorate, quando non apertamente sbeffeggiate, dall’amministrazione della città. Evidentemente a Modena ci sono comitati più comitati di altri e temi che pesano di più da un punto di vista mediatico e politico. Il problema semmai è cosa producono questi temi, ma ci arriveremo.
Dieci giorni dopo, il comunicato del Siulp c’è già la prima iniziativa con presenze istituzionali di rango. Riprendiamo dal Carlino: “Per quanto dichiaratamente apolitica non accadeva da tempo per un problema di degrado – una rappresentanza bipartisan ‘in grande stile’ di tutti i gruppi consiliari eletti in Consiglio, comprese ‘vecchie conoscenze’, adesso in Regione, come Francesca Maletti e tre parlamentari, Giuditta Pini (Pd), Enrico Aimi (Forza Italia) e Stefania Ascari (5 Stelle). Insomma, nessuno è voluto mancare, tanto che – stando a fonti certe – il Pd avrebbe chiamato a raccolta, per non finire paradossalmente in ‘minoranza’, più di un rappresentante di partito per unirsi in corso d’opera al presidio.”
Quattro giorni dopo, invece, in un blitz per “ripristinare la legalità nell’area” vengono chiusi un “market etnico” per un mese, per violazioni delle norme anti-Covid e un “bar a gestione cinese” per quindici giorni, per decisione del Questore, a seguito dell’episodio dell’accoltellamento.
Nel mentre sulla Gazzetta di Modena si poteva leggere come i provvedimenti, estremamente tempestivi, coincidessero esattamente con le “segnalazioni” fatte direttamente da qualche esponente del comitato di viale Gramsci:
Soddisfazione da parte di Marcello Costantino, leader del Comitato viale Gramsci & dintorni: «Evidentemente le segnalazioni che sono state fatte dai cittadini collimano con i risultati delle indagini. Quello che si dice su quel market ormai da due anni, da quando cioè è aperto, evidentemente ha portato a questi risultati. Nel viale comunque c’è anche un altro negozio che dà le stesse problematiche, siamo comunque fiduciosi che arrivino risultati anche per quell’esercizio. Ribadiamo che quelli che vengono segnalati non sono soltanto problemi legati al rispetto delle norme anti Covid, ma ci sono altri problemi, di varia natura. Tanti ubriachi in strada ad esempio, al pomeriggio. Vorrei sottolineare il proficuo rapporto attuale con la Municipale: i controlli che gli agenti stanno effettuando sono svolti in maniera ottimale, negli orari opportuni per poter centrare l’obiettivo delle segnalazioni». Domani sera, su iniziativa del Comitato, nella zona dove c’erano le panchine dello spaccio arriverà la gelateria mobile Slurp: un’occasione di ritrovo, un gelato contro il degrado.
Eppure, anche in quest’occasione, verrebbe da chiedersi quale sia il segreto di questi comitati antidegrado che quando denunciano un problema ottengono immediatamente ascolto e soluzioni. Ad esempio, giusto per rimanere in tema norme anti-Covid, ricordiamo che, già a marzo, il sindacato SiCobas di Modena lanciava l’allarme su lavoratori risultati positivi al Covid-19 ad Italpizza, AlcarUno e altre anzienda nelle quali il sindacato era presente.
Ovviamente, alla segnalazione del sindacato non badava e non rispondava quasi nessuno. Non già le forze dell’ordine, troppo impiegate a reprimerli direttamente a colpi di bastonate coi manganelli i lavoratori di quelle aziende che avevano osato scioperare, non già da parte dell’amministrazione che quando si parla di conflitti sul lavoro nel territorio fa orecchie da mercante. Eppure, a distanza di soli 4 mesi, l’assessore regionale alle politiche per la salute Raffaele Doninisarà costretto a firmare un’ordinanza regionale per imporrre test sierologici in tutte le aziende del comparto carni, mentre Assocarni, per bocca del suo presidente farà sapere che la colpa dei contagi è da ricercarsi non tanto nelle aziende ma nelle “abitudini di vita di lavoratori di provenienza spesso estera che creano fuori dall’azienda condizioni che facilitano il contagio”.
Una dichiarazione che racchiude già in sé sfruttamento sul lavoro, razzismo e proiezione dei contagi sullo spettro dell’untore straniero in una perfetta intersezione fra lo scaricare ogni responsabilità del contagio industriale sui lavoratori e il feroce razzismo intrinseco del modello produttivo in voga nel tardocapitalismo del 2020. Lo stesso che opera anche nelle dinamiche decorose della “riqualificazione urbana”.
A quanto pare, dunque, ci sono “segnalazioni” e segnalazioni, e a Modena, quelle di un comitato antidegrado hanno infinitamente più peso di tutte quelle quelle che può lanciare un sindacato intercategoriale.
Alla fine è abbastanza semplice in fin dei conti: finché si punta il dito contro quelli che stanno più in basso si viene portati sul palmo della mano e ascoltati; se invece si osa puntare l’indice un po’ più in alto, ecco allora come all’istante tutte le porte si chiudano ermeticamente, luci delle volanti, sirene e l’ombra di una strisciante repressione comincerà ad aleggiare su di voi per un bel po’ di tempo.
Ma torniamo a noi, perché le “segnalazioni” del comitato che hanno prodotto qualche effetto non sono di certo finite.
Sembra che gli allarmi sulla “mafia nigeriana” [sigh!] non conoscano alcuna sosta in città. Lunedì 27 luglio, dopo le “segnalazioni” dei cittadini vengono fermati arrestati e denunciati proprio due nigeriani. Il motivo? Bivaccavano in un parco. Ma leggiamo la “cronaca” di Modenatoday:
“È stato arrestato e sarà processato per resistenza a pubblico ufficiale un 26enne nigeriano che ha reagito con violenza a un controllo della Polizia locale di Modena, scagliando contro gli operatori una bicicletta e un catenaccio di sicurezza. L’uomo è stato individuato nella prima mattinata di oggi, lunedì 27 luglio, al parco XXII aprile durante un servizio di perlustrazione organizzato a seguito delle segnalazioni dei cittadini. Nell’operazione sono stati denunciati anche un altro nigeriano, che ha opposto resistenza allo stesso controllo, e un marocchino irregolare in Italia. I due nigeriani sono stati scoperti mentre dormivano in un giaciglio di fortuna. Una volta svegliati per l’identificazione, hanno dato in escandescenze; il 26enne, apparso il più agitato, ha lanciato il veicolo e il dispositivo di chiusura contro gli operatori, ferendo, in modo non grave, gli agenti, mentre il connazionale 33enne ha rifiutato di essere controllato. A causa della situazione sono intervenute nel parco diverse pattuglie che hanno provveduto al fermo dei giovani; in particolare, il 26enne è stato arrestato con l’accusa di violenza e resistenza a pubblico ufficiale. […] Invece il 33enne, che è in regola col permesso di soggiorno, è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e per aver rifiutato di dare indicazioni sulla propria identità. Infine, entrambi i nigeriani sono stati sanzionati amministrativamente, in violazione al Regolamento di polizia urbana, per il bivacco nel parco.”
Cosa stessero facendo dunque di male queste persone non c’è dato saperlo, a parte forse “bivaccare” in un parco pubblico, cosa che, a quanto ci risulta, non costituisce ancora reato. In altri tempi azioni di polizia di questo genere sarebbero state denominati con molta meno ipocrisia come “rastrellamenti”. Se tuttavia calcoliamo che questo tipo di intervento di polizia urbana è stato scaturito a seguito di una “segnalazione” da parte dei cittadini del comitato allora un brivido di inquietudine dovrebbe scenderci lungo la schiena.
Due giorni dopo è il turno del “venditore abusivo di scope”, sanzionato dalla Municipale con una muta da cinquemila euro.
Anche in questo caso, il controllo di polizia, anche se forse sabbe più corretto dire la “caccia”, ha inizio dopo una “segnalazione” da parte del comitato “Viale Gramsci e dintorni” (ormai lo riportano per intero anche negli articoli, sarà un lapsus?) o dei cosiddetti residenti, una foto via whatsapp, postata su Facebook o magari segnalata attraverso le chat del “controllo di vicinato” e zac, il gioco è fatto: multa, arresto, chiusuradell’esercizio, qualcosa lo si trova sempre. Ma leggiamolo pure direttamente dall’articolo sulla Gazzetta: “Accompagnato in ufficio per gli accertamenti, gli è stata contestata la normativa sul commercio abusivo in aree pubbliche, applicando una multa di 5.164 euro, oltre a una sanzione aggiuntiva di 100 euro per la violazione del Regolamento di polizia urbana, che prevede anche l’allontanamento da viale Gramsci. La merce è stata sequestrata.”
Insomma, si era partiti con la lotta senza tregua allo spaccio – che anche lì se si volesse veramente contrastare spaccio, mafie e narcotraffico si comincerebbe a prendere in seria considerazione l’ipotesi della legalizzazione, e questo non lo diciamo certo noi ma lo suggerisce nero su bianco direttamente la Direzione nazionale antimafia dal 2015 – e si è finiti in meno di dieci giorni ad arrestare chi bivaccava al parco XXII aprile e a multare e daspare un venditore abusivo di scope.
Questi sono i prodotti reali del securitarismo a Modena, una dottrina che sembra un affare del tutto normale, neutrale, una minestra condita di senso civico e partecipazione, innocua tutt’al più, ma che nasconde al suoi interno insidie inimmaginabili, soprattutto in una città come Modena, che ama indossare le maschere della tolleranza e della solidarietà ma in cuor suo sogna privatamente la Gestapo.
Esagerato? All’alba dell’ennesimo giorno di “segnalazioni” è lo stesso sindacato di polizia Siulp, per bocca di Roberto Butelli, che è costretto a prendere parola e a ricordare a tutti che “il degrado non è un reato”.
“E’ odioso da vivere, da vedere, da percepire è sicuramente fastidioso e qualcuno deve comunque intervenire e fare qualche cosa, ma il degrado non è un reato e, non essendo un reato, non rientra nei compiti istituzionali della Polizia di Stato alla quale vengono già chiesti grossi sforzi per intervenire invece su reati “veri”. Il degrado è il sintomo di come vivono alcuni quartieri della nostra città. Chiedere alla Polizia di Stato di intervenire per contrastare questo fenomeno significa purtroppo anche sminuire quella che è la capacità professionale e quelli che sono i doveri istituzionali della Polizia di Stato”.
Cortocircuito.
Ma come si è giunti al punto in cui un comitato “detta” praticamente l’intervento di polizia da effetture? Non è già questo forse un degli esiti più scontati del cosiddetto “controllo di vicinato” uno strumento incentivato a dismisura dal Comune di Modena, con investimenti cospicui? (si parla di circa 5.000 euro per progetto, dei queli il 70% sono messi a disposizione dalla Regione e il restante 30% dai Comuni e a Modena il “controllo di vicinato” ha assunto già da tempo dimensioni da primato).
In un recente articolo apparso su Modenatoday (che in realtà è un comunicato riproposto da altri siti di news col titolo “Il controllo di vicinato si fa grande a Modena”) vengono divulgate le dimensioni di questo strumento.
“Online la mappa del controllo di vicinato: attivi 85 gruppi in città. Ben 2400 i partecipanti. […] Il Controllo di vicinato a Modena è continuato a crescere e nemmeno l’emergenza Covid-19 lo ha fermato. Se, in questi ultimi mesi, sono state momentaneamente sospese le presentazioni del progetto alla cittadinanza, si sono però formalmente costituiti altri quattro nuovi gruppi nelle vie Carteria, Einstein, Coppi/Zurlini e Bianchi Ferrari. […] Ad oggi i coordinatori segnalano direttamente all’ispettore di zona attraverso WhatsApp o per email direttamente alla Polizia locale anche fenomeni di degrado urbano che non richiedono una risposta in termini di sicurezza, ma piuttosto di manutenzione. Ora invece questo tipo di segnalazioni (fermo restando che quelle le questioni di sicurezza continueranno ad essere inviate alla Polizia locale) potranno essere inoltrate a Segnala Mo, il servizio di segnalazioni del Comune di Modena “SegnalaMo”, tramite Rilfedeur, permettendo in tal modo di ottimizzare il percorso della segnalazione e quindi i tempi di risposta.”
Giusto per fare un esempio, per ribadire ancora una volta quanto il securitarismo non sia affatto neutrale, fino a poco tempo fa, su “SegnalaMo” il servizio di segnalazioni del Comune di Modena, si poteva segnalare la presenza di immigrati o di nomadi con la stessa facilità con cui si segnala un tombino che non funziona o un divano abbandonato.
Non a caso, nel descrivere l’equivalente americano del “controllo di vicinato” – al quale, fra l’altro, quest’ultimo è ispirato – vale a dire le esperienze di neighbourhood watch, Mike Davis utilizza queste parole:“un gigantesco network di vicini di casa vigilanti, un sistema di sicurezza a metà strada tra le anomie armate e le forze di polizia private, ed evidenziano la preoccupazione che queste attività abbiano soprattutto lo scopo di costituire consensi di carattere elettorale e ricordino sistemi di controllo tipici di regimi dittatoriali. È stato inoltre dimostrato che, quanto meno negli Stati Uniti, il 90% degli abitanti adulti dei quartieri interessati ad attività di prevenzione non vi ha mai preso parte.”
Insomma, per avviarci verso la conclusione, sembra che a Modena il Pd (ma non solo a Modena, vedi il rifinanziamento alla Guardia Costiera Libica o il finanziamento alle scuole paritarie o in Emilia Romagna dove il Pd vota con la Laga la legge urbanistica) con la scusa di evitare i “pieni poteri” a Salvini, si stia trasformando a ritmo sostenuto in un organismo perfettamente analogo. Complementare.
Sempre a Modena, ad esempio, proprio in questi giorni, il Pd ha votato assieme alla Lega la proposta di Beatrice De Maio (Terra dei Padri) di intitolare una via a Norma Cossetto (per saperne di più di questo fantasy 1, 2, 3). Queste le motivazioni dei dem Stefano Manicardi: “sono molti gli eventi che hanno portato alla conquista dei diritti democratici ai quali ancora non è stato dato il giusto peso. L’intitolazione a Norma Cossetto è un passo ulteriore per realizzare il progetto di memoria di cui il nostro Paese ha bisogno per essere consapevole delle proprie radici” e Antonio Carpentieri (responsabile della sicurezza del Pd nonché principale attore del cosiddetto “punto d’ascolto in viale Gramsci”): “approccio laico e corretto sulla memoria, qualunque sia la vittima e qualunque sia il carnefice.”
“qualunque sia la vittima e qualunque sia il carnefice.”
Nel mentre in un’altra città, antifascista, lavoratrice, lontana dal Pd, dalla Lega, dai riflettori della stampa e generalmente più “attenzionata” che ascoltata dai corpi di polizia, succede anche che “un corpo armato dello Stato chieda soldi ad un privato cittadino (13.068,74 euro) con scadenza perentoria e nessun margine di discussione” come risarcimento danni per un servizio di ordine pubblico effettuato durante “una nota vertenza, presso uno stabilimento modenese, tra il 2018 e il 2019.”
Il 17 luglio, praticamente il giorno immediatamente successivo al “vertice” del “Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica” con Sindaco, Prefetto, Questore, Presidente della Provincia, i principali referenti delle Forze dell’ordine e, infine, i tre “rappresentanti” del comitato (Andrea Giordani, Marcello Costantino e Angelo Marati), in Piazza Grande si è tenuto il primo Consiglio Pololare, “un appuntamento cittadino fisso per costruire insieme la rete di sicurezza necessaria nei prossimi mesi per far fronte alla crisi causata dal Covid.”
In quella giornata è stata letta una lettera rivolta al sindaco di Modena che, nei giorni successivi, gli è stata consegnata e protocollata. La lettera (che pubblichiamo qua sotto) conteneva la richiesta di un incontro urgente con lo stesso Sindaco ed stata inviata contemporaneamente anche a tutti i mezzi d’informazione locali.
Il Sindaco non ha risposto e nessun giornale l’ha pubblicata né ha dato notizia del Consiglio Popolare (nonostante la sostanziosa partecipazione).
La situazione ambientale a Modena è questa, ed è piuttosto difficile, se solo si conosce un minimo la Storia, non considerarla, già ora, molto simile a quanto accadde negli anni ’20 del ‘900.
LETTERA APERTA AL SINDACO DI MODENA
I partecipanti all’assemblea popolare del 16 luglio, riuniti in piazza Grande, denunciano con sdegno e preoccupazione, il deterioramento del clima democratico e il restringimento delle agibilità sindacali e della praticabilità del conflitto sociale in questi territori.
In una città evocata spesso come esempio di virtù civiche, si verificano ormai con regolarità episodi inquietanti e pericolosi: nel giro di pochi anni diverse centinaia di lavoratori/ici, i sindacalisti/e e di attivisti/e sono stati denunciate/i nel corso di vertenze sociali o di lavoro; il Tribunale di Modena è intasato dai fascicoli istruiti contro madri e padri di famiglia accusati solo di esercitare il diritto di sciopero, alle porte di stabilimenti modenesi notoriamente epicentri di illegalità di ogni tipo, come denunciato da decine di inchieste giornalistiche.Di recente una sede sindacale cittadina è stata violata da un blitz poliziesco , a cui è seguito il fermo e la grave provocazione ai danni di un sindacalista. Molte vertenze industriali, ormai di prassi, sono presidiate da ingenti schieramenti di polizia e spesso sfociano nell’uso indiscriminato di manganelli, lacrimogeni, fermi e provvedimenti amministrativi odiosi – inclusi i fogli di via, gli “avvisi orali”, le minacce sui rinnovi dei permessi di soggiorno, le vergognose multe comminate ai dipendenti per elusioni fiscali e contributive commesse ai loro danni. Le scene emblematiche davanti ai cancelli dell’Italpizza, durante i mesi della dura vertenza che ha contrapposto i lavoratori alla direzione aziendale , hanno avuto ampia diffusione su tutto il territorio nazionale.
Centinaia di celerini vengono impiegati per garantire a imprenditori senza scrupoli, soprattutto nei settori logistica e agroalimentare, la possibilità di aggirare i contratti, eludere il confronto sindacale e in alcuni casi ignorare persino le prescrizioni prefettizie. Uno spreco di risorse enorme e immotivato, nel dispiegare uomini e mezzi in contesti di lavoro che assumono il profilo di scenari di guerra. Chi in questi anni ha denunciato le illegalità delle mafie degli appalti e delle cooperative spurie, sta pagando prezzi altissimi nelle aule di giustizia. Così come sono stati denunciati i lavoratori di diverse aziende multinazionali che pretendono oggi di avere le mani libere sul territorio – come se Modena fosse diventata una specie di colonia manifatturiera -, rilevando marchi e chiudendo aziende a proprio piacimento.Anche durante il cosiddetto lockdown, si è assistito spesso ad un uso arbitrario ed esagerato dell’iniziativa poliziesca ai danni di cittadini i cui casi eclatanti sono finiti sulle prime pagine della cronaca locale: come se l’emergenza avesse sciolto ancora di più i freni inibitori delle forze dell’ordine, allargando a dismisura i limiti fisiologici dell’esercizio della forza pubblica e facendo temere che da queste forzature non si tornerà indietro.
Resta, infine, una macchia nerissima nella coscienza democratica di Modena, l’esito sanguinoso della rivolta nelle carceri di Sant’Anna , l’8 marzo 2020: 9 morti, in una dinamica ancora inspiegabile e su cui, ci sembra , si stia cercando di calare una cortina di silenzio, trasformando una strage in un “incidente” di percorso o un suicidio di massa.
Ci chiediamo – e, senza retorica, chiediamo a lei, signor sindaco: ma è questa la Modena città Medaglia D’oro della Resistenza? Cosa sta diventando questa città? Cosa sta diventando questa comunità? E’ solo nostra la percezione secondo cui alcuni apparati dello Stato – Procure, Questure, Prefetture – stiano allargando abusivamente il loro perimetro di competenze, approfittando del vuoto politico nel paese? Nella vacuità della politica i corpi dello Stato si arrogano un compito di supplenza pericolosissimo, che rompe gli equilibri garantiti per decenni dalla Costituzione e individua nel sindacalismo conflittuale, nei movimenti e in ogni protagonismo sociale, un nemico giurato da abbattere, al servizio dello status quo e dell’interesse d’impresa.
CHIEDIAMO AL SINDACO DI MODENA UN PRONUNCIAMENTO SU QUESTE QUESTIONI, IN PARTICOLARE:
1) IL RIPUDIO DELL’USO DELLA POLIZIA NEI CONFLITTI DI LAVORO, PERCHE’ LE VERTENZE SINDACALI NON POSSONO ESSERE DELEGATE AI QUESTORI. MODENA HA GIA’ CONOSCIUTO IL SANGUE VERSATO AI CANCELLI DEGLI STABILIMENTI E NON DOBBIAMO TORNARE A QUEGLI ANNI BUI .
2) LA NECESSITA’ DI LIBERARE CENTINAIA DI CITTADINI/E MODENESI DAL CAPPIO DEI PROCEDIMENTI PENDENTI PER REATI “SOCIALI “ PRESSO IL TRIBUNALE DI MODENA, CON UN PRONUNCIAMENTO PUBBLICO DEL CONSIGLIO COMUNALE SUL TEMA.
3) LA NECESSITA’ CHE IN AUTUNNO, QUANDO INEVITABILMENTE SI INASPRIRANNO LE CONTRADDiZIONI, IN QUESTO TERRITORIO SARANNO GARANTITI AL CONFLITTO DEMOCRATICO, TUTTI GLI SPAZI CHE LA COSTITUZIONE E IL SACRIFICIO DEI NOSTRI PADRI HANNO ASSICURATO PER SEMPRE.
Sarebbe grave passare dalle retoriche sdolcinate sugli “eroi” che hanno prestato la loro opera durante la pandemia – vedi i lavoratori della sanità, della logistica, dei settori essenziali –, alle retoriche di criminalizzazione che colpiscono quegli stessi soggetti che smettono di essere “eroici” allorchè reclamano stabilizzazione lavorativa, salario, servizi per tutti.
L’assemblea popolare del 16 luglio 2020 e tutte le organizzazioni che l’hanno fatta vivere, chiedono un incontro urgente su queste tematiche al Sindaco di Modena.
Posted on 30 luglio 2020
0